THE LAY LLAMAS, Ostro
Questo è uno dei progetti più alieni nel quale mi sono imbattuto negli ultimi tempi (ci suonano il “nostro” Nicola Giunta e Gioele Valenti, oltre a vari altri collaboratori), non a caso pubblicano per un’etichetta inglese, Rocket Recordings, che ha tra le sue fila gente “strana” come Goat, White Hills, Gnod. Difficile catalogare le musiche che ci propongono (e meno male, aggiungo), tanto cangiante è il risultato finale (avevano esordito con l’omonima tape un paio di anni fa).
Ostro è come un’astronave in partenza verso pianeti sconosciuti: l’incipit fa davvero pensare a un improvviso imbarco per terre lontane. Il brano più diretto, dotato di una melodia accattivante, è “We Are You”, sorta di penetrante nenia space-pop che frulla con nonchalance Animal Collective, Peaking Lights e i Black Dice più danzerecci, con la particolarità che sembra quasi il remix di un pezzo ripescato da qualche polverosa cassetta fuoriuscita dai Sessanta. Sempre per restare in tema – però affiora una parte velatamente “improvvisativa” – citiamo “Desert Of Lost Souls”, che ha quel finale che è deriva pura, laddove la traccia posta all’inizio (“Ancient People Of The Stars”) era stata tutta un succedersi di ricami arabeggianti. “In Search Of Plants” ha poi un vago incedere tra il marziale e l’alieno, (ancora) simile a quello che avevano i Silver Apples di “Dancing Gods” (qui percussioni e basso sono particolarmente potenti), mentre “Archaic Revival” è martellante marcetta con la voce affogata di proposito nel missaggio (come si faceva una volta), a sottolineare la modalità tutta “liquida” di una band che si muove sicura tra grammatiche kraut e odore di rancida psichedelia. Chiusura con l’acustica “Voices Call”, incrocio improbabile tra i fratelli De Angelis e un oscuro ensemble di epoca remota, tanto per sottolineare ancora una volta che se di viaggio si tratta, è di quelli che portano parecchio lontano nel tempo. In fondo, un disco come Ostro (per il mastering è stato chiamato il quotatissimo James Plotkin) è compendio di melodie nostalgiche, rilette alla luce di una sincera voglia di esprimersi senza dimenticare da dove veniamo.