LARSEN, Tiles
I Larsen tornano con un 12′, dopo il più corposo Of Grog Vim di tre anni fa per la statunitense Important Records. Questa volta tocca all’italiana Hypershape (Viscera///, The Great Saunites, U.S. Christmas) pubblicare la nuova fatica di questa – ormai storica – band torinese. Storica perché ha alle spalle vent’anni e oltre di carriera: il primo disco, No Arms, No Legs: Identification Problems, risale, infatti, al 1997. L’elemento che salta subito all’orecchio è la presenza massiccia di Little Annie, cantante dalla voce catramosa e vagamente loureediana che può vantare importanti collaborazioni con David Tibet, Crass, Kid Congo Powers e molti altri. Qui, innamorata della band e già ospite in passato in un paio di suoi dischi, declama e canta i suoi testi con una voce roca e decisa, mentre Fabrizio Modonese Palumbo e soci la accompagnano con fare discreto; si capisce chiaramente che le basi servono a dare la giusta atmosfera a lei, che si trova parecchio a suo agio tra i paesaggi lividi, di chiara matrice velvet-iana, di “Barroom Philosopher Pt. 2”, paesaggi sonori che peraltro permeano l’intero album, anche se non manca l’eccezione: il blues storto di “Barroom Philosopher Pt. 1”. Tiles, a conti fatti, è un lavoro di passaggio, una sorta di variazione sul tema che ai Larsen serve per serrare le fila e a relazionarsi ancora col miglior underground mondiale: ricordiamo come sempre che hanno pubblicato anche per la Young God di Michael Gira, che si sono fatti produrre da Martin Bisi e che hanno suonato in tour con Jamie Stewart e i suoi Xiu Xiu.