LAMANTIDE + O, 15/11/2013
Ancona, Glue-Lab.
Lamantide e O sono entrati da un po’ nel nostro radar, due band dal suono personale, contaminato, coraggioso e ciascuna a suo modo interessata a continuare la ricerca di un’evoluzione possibile per il postcore, va da sé al netto di derive ormai fin troppo abusate o stereotipate. Non potevamo, perciò, mancare alla loro serata live al Glue-Lab, di cui – come avrete capito – siamo assidui frequentatori e non solo perché dislocato a pochi passi dalla dimora del sottoscritto (una manna dal cielo vista la possibilità di recarmi ai concerti praticamente a piedi). La verità è che, data la lunga frequentazione con i ragazzi e le migliaia di chilometri condivisi per assistere a concerti un po’ ovunque, l’affinità elettiva è oltremodo alta e la programmazione segue coordinate da sempre care a The New Noise. Torniamo però alla doppietta di sabato, con l’apertura affidata agli O e alla loro incredibile performance, carica di rabbia compressa e poi lasciata deflagrare con ferocia, riversata sotto forma di suoni disperati, gravati da un’oscurità palpabile e ai confini del black-metal, che avvolge la sala praticamente priva di illuminazione e filtra da sotto la pesante tenda per raggiungere ogni angolo del Glue. Non a caso anche chi si trova al di fuori della sala concerti finisce per affacciarsi e spesso rimanere, come magnetizzato dall’energia feroce che il gruppo trasuda. Il set degli O è un vero e proprio crescendo, un rituale catartico che coinvolge sempre più persone e alla fine fa esplodere il pubblico in un lungo applauso liberatorio, figlio di autentica sorpresa in chi finora non aveva avuto l’opportunità di fare i conti con gli autori de Il Vuoto Perfetto. Il loro è hardcore mutante dalle sembianze di un buco nero, un vortice di negatività che lambisce generi differenti e li attrae al suo interno per smembrarli e rivomitarli sull’ascoltatore, musica senza via di fuga eppure affascinante, quasi magnetica.
Dopo di loro, arrivano sul palco i Lamantide, anche loro figli dell’hardcore, ma vicini alle mutazioni a cavallo tra millenni, a partire da Burnt By The Sun, Botch, Converge, ma senza scordare mai una fisicità tipica dell’epopea hc anni Ottanta e una crudezza quasi crust nel suo rifiutare qualsiasi sofisticazione o stucchevolezza, grazie anche ad un cantante impossibile da catturare con lo sguardo per più di pochi secondi: corre da una parte all’altra della sala, fronteggia faccia a faccia ogni singolo presente mentre gli urla contro i testi dei brani, gli appoggia stremato la testa sulle spalle, vive ogni parola come ne andasse della sua vita e rotea il microfono come un’arma, impossibile restare indifferenti ad una prova che riporta la musica tra la gente nel vero senso della parola, annullando del tutto la divisione tra palco e platea. La formazione lo segue come una macchina da guerra, ripercorre il debutto e presenta anche anteprime del prossimo disco. Ovviamente non si tira indietro dal riproporre la cover di “O Fortuna” dei già citati Botch per esplorare fino in fondo quanto finora detto dai Lamantide. Finito il concerto, si ha la sensazione di avere affrontato una vera e propria prova fisica, una scalata lungo gli impervi sentieri dell’estremismo musicale più interessante oggi in circolazione, con buona pace di formazioni ben più blasonate in cui ci siamo imbattuti di recente. Sabato prossimo toccherà agli Hungry Like Rakovitz e ai Dementia Senex e il cerchio si chiuderà per quello che potrebbe essere un vero e proprio festival in due parti, una finestra aperta sulla meglio gioventù postcore nazionale. Il tutto senza manco dover muovere la macchina, cosa chiedere di più?