EVIL MOISTURE & ASPEC(T) + DJ DIE SOON + LAIDAKK, 21/6/2016
Torino, Asilo Occupato.
Non ha nessun senso quello che è successo martedì.
Un po’ perché era proprio il solstizio d’estate, il più lungo dell’anno, in odore di olio solare mentre la città già pullulava di gioia, gambe bronzee e, mon dieu, aperitivi, per raccontarci quanta voglia di sole e vacanza scorrano in questa città senza mare.
Chi preferirebbe a tutto ciò una discesa in cripta umida al sapore di piscio di cane e come soundtrack – anziché chill-house mediterranea – noise, circuiteria in frittura e luci che fanno suoni tremendi?
Non molti, in effetti. Però i coraggiosi sono la benzina della rivolta e i presenti erano abbastanza per premiare a dovere il vecchio Andy Bolus, per chi vi scrive tipo uno zio inglese dal carattere di merda, il cervello fuso dalla speed e un armamentario di giocattoli smontati e ricostruiti che fanno impazzire tutti i nipotini. Evil Moisture è stato questo e molto altro, oltre alla “school of meat cutting” ha fatto disegnini zozzi, ha messo oscillatori sulle bistecche, si è fatto sparare palle di vernice con una macchina per catturare fantasmi. Un provocatore, un pioniere. Insomma uno che non se lo è mai cagato nessuno, se non i soliti trecento nel mondo per i quali è tipo un dio. Anzi un diavolo.
Al fianco dell’inglese, come in ogni duo tennistico, Aspec(t), o meglio Mario Gabola: antenne, luci, resistenze, feedback, il tutto raccolto dal cassonetto, ri-assemblato e “scocciato” insieme. Egli esprime le potenzialità infinite della napoletanità vera. Il meglio dell’ingegno “leonardesco” unito alla cialtroneria del guappo, quello che sa quanto è fico farsi il motorino con il marmittone. E infatti suonano insieme, ai lati di due piccole centrali elettriche diy, con tanto di ricevitori, trasmettitori e qualche decina di chili di cavi. La brodaglia è un cut-up radioattivo di fattura britannica che confligge con le sirene luminose del napoletano in una specie di weird-impro elettromeccanica e vischiosa, in ping-pong continuo tra sussurri diabolici di nastri grattugiati e lamate di oscillatori e foto-resistenze. È musica fatta di rumoracci bellissimi, la loro, tanto bizzarri da suggerirmi che se gli oggetti litigassero, lo farebbero così. Poi, tra una rasoiata e un cicalino, un flash e i subwoofer in calore, si atterra storditi, devastati, senza più alcuna voglia d’estate. La seconda parte del set è una discesa lenta fino alla macchina dove impastano la nutella con la quale ci riempiono la testa, laggiù i suoni ci stritolano vivi e implodono letteralmente in un finale fatto di gelatina “harsh”.
A precedere i due “tennisti” il giapponese Dj Die Soon, una specie di ri-assemblatore di hip-hop e dub in un montaggio noise, riso acido e scenari elettro-terrorifici. Live set fosforescente che sembra tratto di peso da una colonna sonora del maestro di zozzeria speed-yakuza Miike Takashi.
Ad aprire la serata Laidakk, super progetto di buffoni italo-sloveni che per mezz’ora hanno percosso lamiere vestiti da medici, con Utku Tavil alla batteria a spingere l’allegro gruppetto pop in una catastrofe senza fine tra techno-industrial e noise suonato dai Flintstones dopo diversi giorni di energy drink e cocaina. Il risultato finale è una specie di indigestione nella quale si sente di tutto, tranne la musica propriamente intesa.
E poi alla fine di serate così mi chiedo sempre: “che senso ha la musica?” e vorrei chiudermi, sentire il mondo come uno stagno tossico che ribolle al canto delle sue creature meccaniche. Fanculo all’abbronzatura.