La vita ti divora: un paio di cose su Peter Rehberg
Nasce in Inghilterra nel 1968, ma è mezzo austriaco, infatti migra a Vienna a vent’anni, ci va come musicista e dj e suona techno, ma poi fonda Mego con due soci nel 1994 (esatto: scopre Fennesz, oltre che sé stesso, perché è da subito nome di punta del glitch con l’alias Pita) e successivamente la (ri)fonda da solo nel 2006, occupandosi tra i mille altri di – spesso lanciandoli o rivitalizzandoli – Kevin Drumm e Cindytalk, Mika Vainio e Bill Orcutt, purtroppo anche Emeralds ed Oneohtrix Point Never, diviene inoltre decisivo per l’incontro tra suoni astratti e metal estremo (KTL, con O’Malley), infine catalizza etichette-sorelle come Ideologic Organ (O’Malley), Recollection GRM più Portraits GRM (Bonnet), oltre a Spectrum Spools. Scompare poche ore fa causa infarto. La vita… ti divora, come dice il titolo di un disco di Vainio (1963-2017) pubblicato proprio da Editions Mego.
Il bello di ascoltare musica senza cercare troppa appartenenza è che non ho mai dovuto mettermi gli occhiali, imparare il visual basic o essere bravo in matematica o frequentare la Biennale per provare un po’ a capire Mego, raster-noton, Mille Plateaux o anche la Warp. Ci sono arrivato, a modo mio, e non sono interessato a fare tassonomie, cosa che probabilmente nemmeno Pita tentava, dato che il suo lavoro con la sua etichetta in qualche modo ha favorito la coabitazione in uno stesso mondo di Florian Hecker, Harry Pussy, Wold, Bernard Parmegiani, Luc Ferrari, Phurpa e Nazoranai. I just think music should be a little bit unsafe, diceva.
Quando penso a quest’uomo non vado con la memoria all’era glitch, ma a KTL IV, V e VII (ultimo, meraviglioso disco con sopra la sua firma, uscito nell’anno del lockdown, di cui è lo score perfetto). Da avere tutti e tre: sono meglio dei primi, nati per fare da colonna sonora a “Kindertotenlieder” di Gisèle Vienne e dunque meno liberi. Il sodalizio artistico tra Rehberg e la coreografa franco-austriaca è comunque una storia che inizia nel 2001, non ci sono stati solo i KTL. Esiste una raccolta di musiche di lui per gli spettacoli di lei uscita per Editions Mego nel 2008 che s’intitola Work For GV 2004-2008 ed è – al contrario di quanto affermo poche righe fa, a dimostrazione che non ci sono regole – un esempio di creatività senza barriere, direi non incentrata sul laptop, “strumento” al quale associamo tutto il giro di riduzionisti della seconda metà dei Novanta, tra l’altro a volte a torto, e aggiungerei lontana dai loro cliché. One of the most perceptive and mercurial sound artists at work today, scrisse all’epoca Nick Cain (The Wire, frase subito riutilizzata dall’agenzia di booking di Pita), che al di là di questa one-liner capì chiaramente di essere di fronte a qualcosa una spanna sopra rispetto al resto. Work For GV 2004-2008 è un best of delle musiche realizzate per Vienne, per questo probabilmente quasi senza punti deboli, con vette costituite dagli estratti di “I Apologize”, che contengono lo spoken word mortale dello scrittore Dennis Cooper: drone angoscianti, sbalzi di rumore, sbalzi di vuoto, disturbi, errori, ma anche linee di synth (e rare pulsazioni) tra science fiction e horror, suoni deformati, accenni momentanei di melodia. Poche bambole sono disturbanti come quelle degli spettacoli della Vienne, pochi altri avrebbero saputo tradurre questo perturbante in musica. Poche ambientazioni sono allo stesso tempo familiari e disumane come quelle della Vienne, pochi altri avrebbero saputo comunicare non verbalmente questa contraddizione. Non è solo accompagnamento, i suoni estesi di Rehberg disegnano un ambiente o danno consistenza a uno scenario che già esiste davanti agli occhi dello spettatore, rendendo più vero, anche se vorremmo ricordarci che è solo l’incubo di un’artista, ma l’ansia è entrata in circolo.
I just think music should be a little bit unsafe.