La serie Tape Crash di Old Bicycle Records arriva a fine corsa…
Ragionamenti…
Vasco Viviani ci raccontò lo scorso anno che avrebbe chiuso entro il 2016 la sua avventura chiamata Old Bicycle. Noi l’abbiamo seguita praticamente sin dagli inizi; un po’ dispiace, ma allo stesso tempo è giusto mettere la parola fine a un ciclo (magari pregustandone un altro, chissà…), riconosciamo a Viviani tutta una serie di produzioni che in tanti dovrebbero seguire come esempio, alludo all’estrema eterogeneità delle proposte, alla cura delle edizioni (le grafiche ed il materiale utilizzato), non ultima quella di avere ridato il giusto peso a un formato tanto chiacchierato come quello della cassetta. Puntualizzo: personalmente non sono mai stato uno che aderisce al partito del vinile, a quello del cd (pur essendo cresciuto in particolare col cd) o a quello della cassetta. Se una realtà discografica (anche la più piccola) vuole far conoscere le proprie cose in versione “barattolo sonoro” a me sta bene, basta che si possano ascoltare decentemente, credo sia un diritto di chi mette in campo le proprie idee e i capitali. Ciò premesso la serie Tape Crash, dicevo, ha avuto un suo perché ed è giusto ricordarla come una serie di ascolti spesso piacevoli e ri-scoperte.
Tape Crash 14 – Edible Woman / Tante Anna
La numero 14 vede confrontarsi il trio con base tra Roma e Londra degli Edible Woman, e l’intestazione dietro la quale si celano l’illustratore Alessandro Baronciani (sua una rubrica di fumetti sul magazine Rumore) e lo svizzero Thomas Koppen, i Tante Anna.
I primi ci fanno ascoltare tre brani: l’opalescente folk di “These Are Individual Desires, And As Individuals They Perish”, le screziature math-rock della traccia d’apertura, “Turnpike Lane” e la strana ballata tra reminiscenze prog e deciso afflato pop di “Make It Count!”. A loro piace evidentemente diversificare il più possibile la proposta – in questo mi hanno ricordato gli Sparkle In Grey – anche se dal vivo li ricordo piuttosto granitici e “rumorosi”.
Tante Anna, invece, ci tirano per la giacchetta nei meandri di un suono che più “new wave” non si può. Quattro pezzi tutti piuttosto simili nelle atmosfere, con quelle chitarre livide (in “Lasciami”), figlie di un’urgenza espressiva tipicamente Ottanta (la più riuscita “Pallina” si smarca lievemente da questo approccio così preponderante). Forse contano molto gli ascolti dei due, Cure, Sister Of Mercy e Bauhaus (che si odono ancora più forti in “Lotte”). Un divertissement fatto a regola d’arte, ma appunto a conti fatti poco più che un divertissement.
Tape Crash 15 – My Cat Is An Alien / Gelba
Della creatura dei fratelli Opalio s’è letto molto negli anni (non è da tutti avere la copertina su The Wire). I due a loro modo hanno portato avanti un discorso solo all’apparenza figlio di una rigorosa applicazione di grammatiche “post”, ma più li ascolto e più li trovo, perdonate il banale accostamento, liberi ed “alieni”, cocciutamente immersi nel loro mondo (l’incedere Zen dell’unica traccia qui presente, i diciannove minuti di “The Revenge Of The Fallen Star”, dicono molto in tal senso). Quel mondo non deve, secondo loro, necessariamente coincidere con quello di altri, vedi alla voce super promozioni. I due regalano a Viviani un “oggetto sonoro” che è, se possibile, ancor più isolazionista del solito, composto da sibili, modulazioni di frequenze e “disturbi” delle fonti sonore che dimostrano alla perfezione il MCIAA-pensiero; si può tranquillamente aggiungere che in un certo senso fanno ancora “scuola” a molti. Mi colpì in positivo l’ultimo disco per Backwards e mi colpisce anche questa breve proposta.
Pure i Gelba non si tirano indietro in quanto a sonorità poco etichettabili e “disturbate”, vi basti posare le orecchie sulla sinistra “As The Shadow Of Past Return”, tra frattaglie bruitiste e cigolii da pellicola horror. Sono in due, Michele Mazzani e Matteo Poggi e non sono nuovi in quanto a split: uno coi Caligine, poi Humans Fuck Off e Dona Ferentes, tutti usciti per realtà simili alla Old Bicycle, tipo la Lonktaar e la Tulip di Claudio Rocchetti. I restanti due pezzi si muovono sempre in ambiti tra il rumorismo organico e terrigno di “N2509” e la melma freak di “…The Present Is Outraged”, come dei Residents “sporchi e cattivi” messi a marcire sotto terra.
Breve conclusione
Questa serie rimane certamente una tra le idee meglio riuscite dell’underground di casa nostra da una decina d’anni a questa parte, anche e soprattutto per gli accostamenti che Viviani ha messo su con caparbietà. Non è poco…