KREATIV IN DEN BODEN, ☾

Kreativ In Den Boden

Kreativ In Den Boden è il progetto di Mirko Void, Luca Andalou e Angy S., tre ragazzi originari di Milano, ma ormai da due anni operativi a Bologna. Oltre ad aver suonato con band particolarmente attive a livello europeo in contesti darkwave/synthpop (The KVB, Sixth June, Trust e i nostri Soviet Soviet), hanno di recente fondato la Stramonium Records. Al momento, questa piccola etichetta raccoglie sotto la sua ala una manciata di gruppi, tra i quali Le Lettere Di Anna, progetto individuale di Mirko, Getriebe Analogique e Human Colonies, ma è pronta a espandersi e a ricevere contributi esterni dal punto di vista musicale e artistico.

Luna è uno dei risultati di questo calderone di collaborazioni e si presenta come un lavoro più concreto ed elaborato del precedente ep DISCO SUICIDE. Dopo questo primo esperimento, che si concentra sull’incongruente e dispersiva vita notturna milanese, con i suoi club affollati da sconosciuti, luci fredde e intermittenti e cocktail vari ed eventuali, la band ha spostato la sua attenzione verso tematiche meno mondane (ma non per questo meno ricorrenti in questi ambiti musicali), è maturata e ha compiuto un balzo in avanti in termini qualitativi, lasciandosi abbracciare da un’atmosfera magica ed esoterica, che nell’aria e per le strade di Bologna di certo non manca.

In apertura, “Abraxas” è un’invocazione a svariate divinità antiche dalle molteplici provenienze geografiche e storiche, a dimostrazione di come l’occulto per la band non sia una semplice facciata dai richiami nostalgici, bensì il fondamento su cui impostare un intero disco. Nella medesima ambientazione sabbatica e notturna si svolgono altri brani, come ad esempio “Longinus”, con un’introduzione in apparenza industrial che ricorda qualcosa dei Clock DVA ma che procede con toni più melodici e sostenuti, e “Acheron”, pura darkwave che ripercorre la vita del fiume mitologico e dal flusso del quale si fa trascinare. Con un breve sguardo al passato, “Fever” vira bruscamente verso una realtà meno fumosa e più introspettiva, con suoni placidi e distesi che accompagnano un testo autobiografico sull’apatia del quotidiano.

In chiusura “TRISTI” e “ORO” rovesciano – in modo del tutto lineare e positivo – l’album, prelevando qualcosa dal synthpop e dai toni più decisi e incalzanti della witch house dei Salem e rielaborandolo in chiave privata, con testi in italiano. Versi più personali si srotolano all’interno del beat e completano un lavoro che si propone con una struttura solida e coerente, prontissimo a gareggiare amichevolmente con le band europee sopracitate, proprio perché dotato di una base ben costruita in anni densi di attività e di esperienze live.