KRANO, Requiescat In Plavem
L’inizio è spiazzante: fate conto di sentire più o meno la sezione ritmica della Band (Rick Danko e Levon Helm), quella capitanata da Robbie Robertson, che prova pigramente con sua grandezza Neil Young, e di scoprire che si tratta di oscuri musicisti persi nelle campagne venete a ridosso delle Dolomiti. In realtà, alla fine, qui c’è qualcuno che ha fatto tutto da solo. Strano effetto, no? E invece “Mi E Ti” è il singolo ideale e piacione, tremendamente efficace ai fini dell’ascolto.
Torniamo un po’ indietro: lui è Marco Spigariol, già nei Vermilion Sands, troppo presto dimenticati (erano usciti per Sacred Bones e Fat Possum) e già membro de La Piramide Di Sangue (si faceva chiamare Indaco Violento). Il personaggio comincia a essere più definito, adesso: una sorta di loner ebbro di problemi e fiumi di prosecco che decide di ritirarsi a vita privata per raccogliere le idee e metter su questa manciata di canzoni. “Busiero” è esangue nenia wilsoniana finita in una pozzanghera (qui l’uso del dialetto veneto risulta davvero peculiare), “Tosca” una parodia malata tra country in anfetamina e quel caratteristico piano honky-tonk, veloce il giusto, “Vergine De Luce” una ballad elettrica di un certo peso, dalla quale emergono afrori tex-mex, mentre “Va Pian” spinge piuttosto sulla malinconia, con coda finale evocativa. Non mi rimane che confermare quanto Requiescat In Plavem sia in pratica una terapia e, come tutte le cure, si porti appresso dolore accompagnato a voglia di rinascita. In sostanza Spigariol ha messo su disco quello che più gli piace fare: canzoni storte, il più delle volte acustiche, utili a lenire il suo malessere.