KRANIVM, la trilogia post-mortem di Marco Corbelli
Chi nasce tondo non muore quadrato
Fra le molte immagini e i tanti ricordi che ho di mia madre, questo proverbio è l’anello che mi avvicinerà sempre a lei. Me lo ripeteva spesso e volentieri. Da ragazzino non ne comprendevo bene il significato, oggi, invece, è una regola di vita. Perdonatemi, ma l’effetto Kranivm ha sbloccato quel microchip del cervello che regola la voce/parola, quindi breve aneddoto. Durante le pause, in seconda elementare, mentre tutti i ragazzini giocavano fra loro, avevo l’abitudine di starmene da solo cercando il punto migliore dove evitare di ascoltare tutto quel vociare (una cosa che mi è rimasta tuttora anche quando vado ai concerti). Ci fu un giorno però che alla maestra quel tipo di comportamento non piacque, lo ritenne preoccupante. Ricordo fu convocata mia madre per sapere se lo facevo anche in casa, dopodiché ci fu un colloquio in cui, ahimè, fui presente. Le disse – ricordo ancora bene le parole – che quel mio atteggiamento poteva sembrare sintomo di qualche malattia psichiatrica o che comunque ci fossero dei problemi. Mia madre le rispose che si stava sbagliando, poi, arrivati a casa, a me disse di non preoccuparmi, ribadendomi esattamente le testuali parole di quel proverbio. Non credo di aver mai dato fastidio a nessuno, e alla socialità ho sempre preferito la solitudine. Non credo ci sia nulla di male, e siccome qualche anno fa si è pressappoco ripetuta la stessa scena nell’ambito lavorativo, dove qualcuno ha sostenuto che sono una persona che non fa squadra (quando lo sanno anche su Marte che esistono gli sport individuali), allora ho pensato ai famosi corsi e ricorsi storici ed ho esclamato: “beh, è una questione di coerenza”.
Purtroppo non ho mai avuto il piacere di vedere un’esibizione live di Marco Corbelli, come non avrò più modo di conoscerlo personalmente. Non sono qui per dire la mia sulla sua tragica storia (il mondo è pieno zeppo di strizzacervelli che credono di sapere tutto) o su quanto è tuttora importante per la scena industrial e noise, e non solo quella italiana. Una cosa però che ho notato di Corbelli è quella sua costante coerenza nel rappresentare se stesso, in ogni lavoro, in ogni singolo rumore o in ogni minuscolo angolo delle copertine. Ripeto, non l’ho mai conosciuto, e (forse) è proprio la stessa coerenza che mi fa scrivere questa specie di recensione e mi ha fatto raccontare una breve storia di me.
Certo, potrei analizzare filo e per segno la gustosissima trilogia di recupero – merito della italiana Urashima – del progetto più oscuro di Corbelli, quello denominato Kranivm. Potrei evidenziare le differenze sonore (non è che ve ne siano molte) fra la prima uscita (Insanatorivm, 1993) e l’ultima (I-The Blood, 1995). Oppure potrei dare una spiegazione pseudo-logica al titolo The Brighter Edge Of Death (1994) come agli altri, o provare a spiegare perché sia quasi sempre ricorrente (soprattutto nelle cover delle prime edizioni) l’immagine di un teschio. Eviterei nel dilungarmi inutilmente, non ho le giuste competenze, e comunque, qualsiasi ascolto possa prendere di Marco Corbelli – che sia Atrax Morgue, Kranivm, Pervas Nefandum o Progetto Morte – ha per me lo stesso identico effetto. Vi sembrerà strano, ma è rilassante e stimola a parlare. In alcuni casi potrebbe addirittura anche far piangere di dolore, in altri – il mio – fa raccontare storielle private, quelle che, apparentemente, sembrano non avere un senso logico in questo contesto.
Qualcosina però vorrei scriverla comunque, in fin dei conti questo è – o almeno dovrebbe esserlo – un articolo musicale. Sarò banale, ma la famosa frase dantesca “lasciate ogni speranza o voi ch’entrate” sembra scritta apposta per il progetto Kranivm. Si potrebbe poi metterne in evidenza l’atmosfera sempre opprimente e sulfurea, la totale assenza di luminosità, quella sensazione di disperazione, del lasciarsi andare, l’odore della morte, gli ultimi pulsanti battiti del cuore (Insanatorivm). Una lobotomia psichica, fatta di ripetute immagini disconnesse e martellanti che penetrano il subconscio, di suoni putrefatti, litanie blasfeme, testi sacri e fuochi fatui (I-The Blood).
Si sa, dark ambient e – in questo caso – death industrial sono così, hanno un potere travolgente e riescono a distruggere in pochi minuti il castello che, giorno dopo giorno, mattone dopo mattone, vi siete avete costruiti attorno, per far sì che non vi entri nessuno. Poi va a periodi: un giorno, quello dove magari siete in totale compagnia (nel senso che sono presenti tutti gli ospiti mentali), vi può suonare tardo medievale, un altro potreste immaginare che i suoni provengano da una abbazia in fiamme o che rimbalzino su mattonelle di refrattario di un altoforno dismesso da anni, oppure, più semplicemente, si possono udire urla strazianti di pazienti morti e sepolti dentro i muri di un ospedale psichiatrico.
Di articoli monografici ne ho letti molti. Ognuno ha una sua modalità di scrittura, non la cambio, è la mia, e non posso farci nulla. Chissà se da lassù qualcuno apprezzerebbe. Peccato solo che tutte le ristampe non siano nel formato originale (audiocassetta), ma anche se in vinile (99 copie), resta comunque una operazione davvero lodevole. Chapeau!
Discografia:
Insanatorivm (Slaughter Productions, 1993)
The Brighter Edge Of Death (Slaughter Productions, 1994)
I-The Blood (Slaughter Productions, 1995)