Kraftwerk, 8/6/2018
Taranto, Medimex.
Quest’anno il Medimex, da qualche tempo di casa a Bari negli spazi della Fiera del Levante, si sposta a Taranto occupando una buona porzione di lungomare. Il programma dei concerti prevede un’intensa tre giorni con nomi di grido come Kraftwerk e Placebo, come a dire: della musica adatta per un pubblico più adulto e un’altra per quello più giovanile. Nel mezzo numerosi workshop, il mercatino delle etichette indipendenti (alcune internazionali) e chi più ne ha più ne metta.
Noi seguiamo la prima serata, quella coi tedeschi, da tempo ormai delle vere e proprie star della musica elettronica mondiale, è scontato ribadirlo. In apertura il redivivo Roni Size (con alle vocals Dynamite MC), quello di New Forms, disco ormai storico uscito nel 1997 e ideato assieme al collettivo Reprazent. Facciamo in tempo a seguire solo pochi minuti del dj bristoliano meglio conosciuto come l’alfiere del drum and bass. Subito dopo è il turno dei brasiliani Metá Metá, ma tra la fila al bar e le chiacchiere all’entrata me li perdo, anche se in lontananza le loro ritmiche (e le loro chitarre) carioca un ricordo più che positivo lo lasciano.
Alle dieci e trenta in punto sale, sul grande palco che si affaccia sulla Rotonda del Lungomare, non distante dal ponte girevole, il gruppo tedesco. Sono sempre in quattro, con le tute che si illuminano ai bordi, e partono in quarta. Un’ora e mezza esatta, dove si ripercorre in breve quella che resta una gloriosa epopea che oggettivamente emoziona mentre la si riassapora su di un palco. I Kraftwerk sono dietro alle loro macchine, suonano le loro sequenze e tra un fraseggio di tastiera e un cantato vero portano a casa il risultato che, sarà banale ripeterlo, resta quello di rivivere il passato ma senza rimpiangerlo troppo in fondo, sempre di musica “futuribile” stiamo parlando. In questo aiutano molto le immagini sul grande schermo, che attraverso simboli più che riconoscibili ripercorrono molte tappe della lunga carriera, da “Tour De France” a “Autobahn” a “The Model” a “We Are The Robots”. Il pubblico apprezza e partecipa con fare composto ma divertito, l’atmosfera generale è rilassata. Nella prima parte si nota un volume piuttosto basso, poi le cose migliorano e dopo la prima ora e la breve pausa, i quattro tornano sul palco con un’ultima sezione, più sostenuta e ritmica, e difatti la performance ne guadagna in appeal ed efficacia.
Non c’è molto altro da aggiungere, se non che fa sempre una certa impressione ascoltare dei signori (e vedere delle sagome) di una certa età ripetere quelli che sono dei veri e propri slogan, che fanno della concretezza e dei testi brevissimi un vero e proprio punto di forza. Grazie a pochi elementi (melodie ficcanti, basi elettroniche semplici ma accattivanti) hanno lasciato un vero e proprio segno nella Storia, che tanti dj e musicisti di area elettronica hanno amato e seguito quasi pedissequamente. I Kraftwerk in sostanza hanno messo in pratica una vera e propria musica universale conservando allo stesso tempo peculiarità e pragmatismo tipicamente teutonici. A fine concerto si vede un enorme camion per il trasporto dell’attrezzatura, intanto gli operai maneggiano con cura la strumentazione. In fondo in questa serata hanno vinto sia l’uomo che la macchina. E il pubblico, questo è certo.