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KOSAYA GORA, Kosogor

Immaginate di girare la Russia con uno studio mobile, fermandovi a registrare suoni e canzoni nei luoghi più propizi, ad esempio una casa di legno di 120 anni, in un posto dove non c’erano nient’altro che un cimitero, una foresta e una chiesa diroccata. Da qui la presenza di spiriti in alcune canzoni dei Kosaya Gora, duo creato dal produttore musicale e visuale Flaty e dalla cantante e produttrice Kedr Livanskiy. Ne esce un ritorno alla musica folk del passato, suonata però come se fosse una produzione fumosa e drogata, fra Death In Vegas e witch-house, come se dei fuochi fatui in bassa battuta uscissero dalle foreste innevate. La coppia si professa debitrice dell’energia e dello spirito curioso che animava i Gray di Jean-Michel Basquiat e Micheal Holman, ma quanto a risultati siamo su piani molto differenti. Certo, si percepisce un’aria di svagata irrequietezza ma alcuni brani sono perfettamente compiuti, fascinosi e subliminali, specialmente quando il sentore russo si fa più forte come in “Te Slova”, trasognata e libera, oppure quando d’un tratto l’orizzonte si incupisce su toni dark, come in “Motorcyclists Die”.

A tratti si percepisce un allungamento delle parti ed una mancanza di freddezza in fase produttiva, con un paio di tagli che avrebbero permesso Kosogor di essere parecchio più efficace, ma l’impressione è quello di un buon disco di nicchia, al quale affezionarsi per dedicargli momenti marci e tristi della nostra esistenza, cercando consolazione e malessere.