KINT, Stoned.Immaculate
“I want my future back and I want it now”
Se è vero che ci stanno rubando il futuro, è anche vero che – almeno dal punto di vista musicale – un manipolo di etichette coraggiose continua a setacciare il sottobosco per produrre album distanti dal consueto, fatti da band che non cavalcano qualche trend alla ricerca di consensi facili. Così capita di inciampare in un trio che piega al suo credo e alla sua visione “contaminata” noise-rock e post-punk, hardcore e post-metal. C’è un forte mood crepuscolare, un legame con le murder ballad di Cave e con l’ultimo Cash, un incedere da crooner sinistro e disfatto che permea la voce e infiltra nel suono un retrogusto fatto di occasioni perdute e rammarico, come nell’inquietante “The End”, che si protrae tra cigolii e rumori di sottofondo. Questo tratto resta sempre ben presente nella scrittura anche quando a prendere il comando è il basso e i rimandi alla scuola noise di casa Matador/AmRep si fanno più forti, così come quando i riff distorti di chitarra sembrano far sterzare il tutto verso un metal moderno e contaminato quanto basta a tenere la barra del timone ben dritta in avanti. Il tutto regge bene il mare, contro ogni pregiudizio o cautela, anzi riesce a portare la nave oltre la tempesta senza imbarcare acqua, perché non ci si perde in orpelli o leziosità, ma si punta a creare un suono asciutto, a tratti scarno nel suo rivelare i singoli strumenti e la loro nuda bellezza, eppure non per questo meno incisivo o graffiante. Anzi, proprio questo ritorno a un sound crudo e caustico, alle distorsioni ruvide, a una sezione ritmica in cui l’elemento umano è ancora il motore principale, alla scelta di non riempire ogni vuoto e di non strafare in sovrapposizioni, permette a Stoned.Immaculate di colpire nel segno. In fondo, c’è anche molto blues nel calderone degli ingredienti e quest’anima concorre alla riuscita del disco soprattutto a livello di approccio e carattere, quasi a voler ribadire che qui si parla di umanità pulsante, di emozioni e sofferenze, di battaglie quotidiane e piccole rivincite, mai troppo solide in realtà che qui non siamo a celebrare vittorie facili o vite semplici. Proprio come l’uomo in nero.
“this is my blues / like me, out of tune / it had to be a song / but something went wrong”