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KING ZOG, King Zog

Per una serie di motivi più o meno vari e validi, gli orfani del rock alternativo anni Novanta e del grunge continuano a migrare verso il doom e lo stoner, perennemente alla ricerca di una terra promessa che forse non esiste. Questa specie di zombi, come un esercito di formiche che fiutano avanzi di cibo, si muove in direzione di ogni suono in drop-D accompagnato da un 4/4 downtempo quel tanto che basta per far dondolare la testa a ritmo. Una domanda sempre costante, sommersa da un’offerta quantitativamente straripante come un fiume in piena, che qualitativamente, invece, assomiglia ad una “secca” generata da una siccità su scala mondiale. Se vi fermate a rifletterci su, vi basterà poco per rendervi conto della gravità del problema e della sua estensione, visto che avvolge senza eccezioni tutti e cinque continenti. La questione è talmente diffusa che a volte gli stessi zombi, mentre si muovono attirati dall’ultimo fuzz che ne ha colpito l’udito, imbracciano gli strumenti e s’improvvisano messia o traghettatori d’anime. Succede ovunque, anche in Australia, dove la diversificazione evolutiva delle specie, dovuta alla separazione delle placche continentali, pare non aver funzionato in questo caso. È proprio da quelle parti che il Re Zog, uno zombi a tutti gli effetti, ha recentemente iniziato a reclamare il trono che è convinto gli spetti, non so se per diritto, ma di sicuro non per merito. A ripensarci bene neanche per diritto.

L’esordio di questi quattro australiani non è da buttare, ma si perde senza lasciare tracce come uno sputo nell’Oceano. Non toglie né aggiunge nulla a ciò che già sapevamo, non conferma né smentisce l’esistenza di una terra promessa. Molto semplicemente, è solo parte di quell’offerta quantitativamente straripante.

Il genere musicale proposto dai King Zog è, allo stato attuale, il terreno più difficile attraverso il quale una band possa tentare di farsi strada, e la convinzione che la propria passione possa essere il propellente che prima o poi farà la differenza è un’illusione. Nell’esercito degli zombi non c’è spazio per le favole.