KING MASTINO, Medusa
Nuovo disco anche per i King Mastino, formatisi nel 2007 dopo l’incontro tra Massi (basso, ex Fall Out) e Alessio (chitarra e voce), fautori di un mix tra energico rock’n’roll e garage che parte da Detroit e passa per la Scandinavia, ma non disdegna di fare qualche deviazione lungo il tragitto, spaziando tra beat e punk. Per comprendere le coordinate del loro sound vale forse la pena ricordare la loro partecipazione a un paio di divertenti tributi a Motörhead e Alice Cooper (entrambi del 2016), padri putativi ai quali in Medusa fanno eco i riverberi tipici di certo garage revival di stampo Eighties, che stemperano in parte la potenza di fuoco ma donano al contempo un mood malinconico alle composizioni, spesso impregnate di melodie sognanti (come l’interessante “The Last Stand”). Non stiamo ovviamente parlando di un mix dell’ultima ora, né ci si aspetta qualche colpo di scena capace di far balzare dalla sedia, eppure Medusa riesce a catturare l’attenzione e fa muovere il piede a tempo, specie quando le chitarre prendono il sopravvento e creano un po’ di sano caos negli equilibri del tutto (“It’s So Hard”). I King Mastino dimostrano di conoscere bene la materia e non sparano cartucce a vuoto, inseriscono qua e là qualche spezia (a tratti sembrano strizzare l’occhio ai mitici D.A.D.) e dosano acceleratore e freno in modo da non perdere mai aderenza. Soprattutto, costruiscono un lavoro in crescendo, che sale di intensità col passare dei minuti e il susseguirsi dei brani, così da conquistare l’attenzione dell’ascoltatore e dimostrare di avere un arsenale di tutto rispetto, anche per la presenza di cori ruffiani al punto giusto (“I Don’t Wanna Die”) che paiono scritti apposta per essere ascoltati in macchina a tutto volume.
Con un briciolo di potenza in più e una registrazione un pelo più sporca, questo Medusa avrebbe tutto l’occorrente per lasciare il segno, a questo punto non resta che aspettare di vederli in azione dal vivo dove il loro sound sembra poter trovare il suo ambiente naturale.