KING KRULE, 21/2/2020
Bristol, SWX.
“Il più buono dei rossi / ha ucciso suo padre”.
Non so perché, ma mia mamma me lo dice sin da quando ero bambino.
Archy Marshall ha assolutamente l’aria di non essere un’eccezione riguardo alla nomea dei “peldicarota”. Lo fa capire quando parla, quando non parla, quando parlano di lui. Infanzia turbolenta, pochi freni ad alcool e vizi, quando fa un disco vuole due produttori per sé a tempo pieno ma solo di notte, perché lui fa musica solo di notte e ha bisogno di uno studio di registrazione aperto tutta la notte solo per lui. Poi quando si scazza sfancula tutti, prende la sua chitarra e passa giorni a suonarsela da solo per poi ripresentarsi in studio. Però si perdona tutto a un tipo così, se a 17 anni ha fatto delle perle come “Baby Blue”…
Nel frattempo, dopo lo straordinario The OOZ, il nostro eroe è diventato padre di una bambina, ha lasciato Londra per la campagna, e visto che c’era ha anche composto una manciata di canzoni per bambini solo voce e chitarra acustica, che ovviamente, da anti-star quale è, tiene solo per sé e per la cameretta della sua bimba. A chi gli fa notare che tra i suoi contatti social girano direttamente o indirettamente i nomi di Kanye West, Frank Ocean, Beyoncé e altri mammasantissima del musicbiz, lui fa spallucce.
Man Alive! porta King Krule a Bristol proprio il giorno della sua uscita.
Troppo poche le ore di differenza tra l’uscita ufficiale e il suo live per capire a fondo questo suo terzo disco (quarto, considerando il progetto a nome proprio) prima di trovarselo di fronte sul palco del SWX. Faccio in tempo ad ascoltarlo due volte, tra pause al lavoro e spostamenti tra mare e centro città con lo trasportapoveri a due piani. La carne al fuoco pare tanta ma pure… sfuocata in certi frangenti.
Tutto esaurito ovviamente, del resto il pacchetto biglietto+cd al prezzo del solo vinile era a portata di tutti… specie ragazzi tra i 20 e i 30 anni, che sono la stragrande maggioranza del suo pubblico.
La copertina del disco è francamente orrenda, ma lui dice che in questo periodo ha un’ossessione per i tralicci della luce (!!!), ha passato molte ore a guardarli e a scoprirne di nuovi in giro per il Paese con gente della sua crew (!!!), quindi perché non rappresentare se stesso nella copertina come un umanoide fatto di tralicci di luce a comporre le lettere M e A (proprio come Man Alive, che a sua volta è un disco del 2013 – ma non suo – che gli era piaciuto tanto)?
Insomma, è fatto così ragazzi, prendere o lasciare.
Io prendo, ma tutta la vita proprio.
L’oretta del live ha la cover come unica immagine sul maxi schermo dietro la band. Il nostro rosso preferito comincia un po’ legato, non la sua voce che come potenza è la sorpresa positiva della serata. Poi scaglia all’improvviso la sua chitarra per terra per un problemino tecnico, uno della crew gliela cambia in un nanosecondo, abbastanza terrorizzato all’idea che possano girargli i coglioni in maniera definitiva e far saltare per aria il tetto del SWX all’istante. E da lì in poi si scioglie un po’ di più, pur restando ai minimi sindacali come empatia col pubblico.
La setlist è un riuscito mix di brani vecchi e nuovi, e si vede e si sente la differenza… ora ha una band di sei elementi, con un feeling particolare per il sassofonista anche in fase di realizzazione dei pezzi, da quel che fa capire…
Ogni tre quattro novità piazza il classicone pogabile per le prime file caldissime o la ballatona stracciamutande per le sbarbe adoranti. La parte finale del live è un tripudio di cellulari alzati a fare video su “Baby Blue” e su “Easy Easy”.
A qualche giorno di distanza resta l’impressione di un disco importante ma allo stesso tempo interlocutorio, importante perché fatto da due King Krule molto diversi tra di loro, il primo un ragazzo turbolento irrequieto nonché teso per il primo figlio in arrivo e il secondo un neopapà che scopre lati nuovi della vita e perfino una certa positività con cui si sta annusando a vicenda in maniera un po‘ circospetta; interlocutorio perché si sente una certa urgenza e irruenza nel farlo e finirlo, compresa la presenza di field recordings di cui confessa di essere un vero appassionato.
A neanche 26 anni questo monello con l’aria da teppista per virtù e non per necessità è veramente un mondo ancora tutto da scoprire, soprattutto per il fatto che non sa neppure lui chi è veramente.
Se riuscirà a fidarsi di persone giuste per lui, il mondo sarà presto ai suoi piedi, specie Oltremanica.