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KIMI KÄRKI, Eye For An Eye

Se seguite questo sito, vi sarete sicuramente imbattuti nell’intervista fatta a Kimi Kärki, uno dei nomi cardine del doom metal scandinavo, per più di dieci anni nei Reverend Bizarre e successivamente nei Lord Vicar. Kimi non ha però mai fatto mistero di amare un certo cantautorato cupo e malinconico, il che non dovrebbe stupirci, visto che queste sonorità hanno delle atmosfere e delle tematiche molto vicine al suo genere di provenienza. La necessità di usare questo linguaggio per esprimere le proprie emozioni si era già manifestata con The Bone Of My Bones, del 2013, uscito per Svart Records. Questo nuovo Eye For An Eye porta avanti il discorso iniziato col precedente lavoro, con la differenza che qui non c’è l’acustica a 12 corde, ma una chitarra classica, dal suono più etereo e sognante. Le canzoni hanno tutte degli arrangiamenti molto convincenti (che in questo genere, che nasce dalla forma scarna di solo voce e chitarra, sono fondamentali), grazie anche al contributo di Anna-Elena Pääkkölä e Pirita Känkänen e delle loro voci suadenti, come anche quello di Patrick Walker (Warning, 40 Watt Sun) su “Beyond Distance” e di John Richardson su “Spearhead”. Se la componente musicale è ok, lo stesso non si può dire delle parti vocali. La voce di Kärki è gradevole e molto in linea con ciò che propone, ma è evidente che non lui non è un cantante. Il suo riferimento principale come autore è senza dubbio Leonard Cohen (cosa che ha ampiamente spiegato nell’intervista), ma a tratti sembra quasi di sentire il Paul Simon più oscuro.

Difficilmente qualcuno esterno al doom arriverà a sentire Eye For An Eye, che è il classico esperimento di un artista con un pubblico metal che si imbatte in un genere molto lontano da quello che apprezzano i suoi fan. Ma, come avevamo detto sopra, il feeling simile spingerà molti doomster a comprarlo, che finiranno anche per apprezzarlo.