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KIM GORDON, No Home Record

Kim Gordon

Per entrare nell’esordio da solista di Kim Gordon, a rileggerli, ci sono dei passaggi illuminanti nella sua ormai celebre autobiografia, Girl In A Band. Non solo quelli relativi ai Sonic Youth, ai vari capolavori EVOL e Daydream Nation, oppure all’acre divorzio con il fedifrago Thurston Moore che ha sancito la fine della corsa di gruppo. Innanzitutto, quelli geografici: No Home Record prende per puro caso il suo titolo dal film No Home Movie della regista belga Chantal Akerman, ma rimanda alla continua oscillazione fra Los Angeles – il mio posto preferito sulla Terra, al quale infatti Gordon è tornata adesso, dopo gli anni universitari – e New York, dove invece ha abitato a lungo perché pubblicizzata come l’unico luogo al mondo in cui si possa vivere per fare arte. Per questo album, non a caso, l’ispirazione deriva in larga parte dai giri in automobile nella Città degli Angeli. Ancora più espliciti, attualissimi, i passaggi focalizzati sul suo fare musica, influenzato dall’arte contemporanea, teso a mete irregolari e astratte. No Home Record, infatti, è un lavoro di schizzi di colore e fantasia, moderno come lo era il singolo “Kool Thing” quando ibridava alt-rock e hip hop nel 1990. Al di là della dissonanza generale, Gordon è stata l’anima più sperimentale della Gioventù Sonica, capace d’altronde di sporcarsi le mani tanto con arti visive e performative (si pensi alla recente esibizione con il ballerino Dimitri Chamblas al Louvre di Parigi), quanto con la moda. Oggi, A.D. 2019, è perfettamente accordata alla contemporaneità, se non ancora un passo avanti.

Parlavamo di esordio da solista perché, nonostante i vari progetti paralleli, dai Free Kitten a Body/Head o Glitterbust, No Home Record è la prima raccolta di canzoni – seppur atipiche – che in copertina porta soltanto il nome e cognome di Kim Gordon, fuori su Matador. In realtà, c’è un uomo dietro le quinte: è il produttore Justin Raisen (Ariel Pink, Yves Tumor, Charlie XCX, Sky Ferreira), che l’ha spinta a inviargli i suoi pezzi e gliene ha forniti altri in cambio, stimolando il progetto. Poi ovviamente c’è la sua voce, un marchio di fabbrica, e ci sono le sue parole, sempre affascinanti da ricomporre. Nove tracce, quaranta minuti di durata: tutto secco e perfetto. No Home Record è uno dei migliori dischi dell’anno, uno dei più freschi che vi possa capitare di ascoltare ultimamente. È un crossover colto e dinamico di no wave, avant pop, elettronica, industrial, sporcizia noisey in linea coi Royal Trux e cupezze da strada metropolitana. Dalle telluriche vibrazioni dark alla Nine Inch Nails di “Sketch Artist”, spezzate da inserti dreamy,  all’avanguardia elettrica di una “Air BnB” omaggiante Arto Lindsay, da una “Paprika Pony” che è stramberia suadente e digitale tra Laurel Halo e Yves Tumor a una “Murdered Out” – primo episodio pubblicato, nel 2016 – che sfoga le energie in un ritornello urlato, quasi a riallacciare i fili con l’anima dell’amico Kurt Cobain. Continuando: dalla semi-dance-punk di “Don’t Play It” (splendidamente ossessiva) e “Cookie Butter” (con coda rumorista) al synth-blues post-Suicide di “Hungry Baby”, dall’ossimorica quiete di “Earthquake” alla conclusione spoken di una “Get Yr Life Back” sottilmente minacciosa come potrebbe esserlo una newyorkese DOC come Carla Bozulich.

Se non fosse un’icona, Kim Gordon, No Home Record potrebbe essere il debutto di una ragazzina appena affacciatasi con ribollente foga sulle scene: avventuroso, pulsante, incontrollabile. Attaccato al background arty di NYC, eppure proiettato in avanti, verso un’ipotesi di futuro. Troverete più idee qui che negli strombazzati biglietti da visita di tutte le new sensation del globo. Le stesse idee che all’inizio degli anni Ottanta hanno innescato ogni cosa (da comunicato stampa: una chitarra, una drum machine e qualche brandello di testo preso da un giornale di annunci), maneggiate però con un’inevitabile consapevolezza. Lei al centro, nel luogo dove ha sempre voluto stare e che si gode appieno, per conto proprio: quello ubiquo di brani senza una precisa appartenenza perché pervasi da una creatività multidirezionale.

Tracklist

01. Sketch Artist
02. Air Bnb
03. Paprika Pony
04. Murdered Out
05. Don’t Play It
06. Cookie Butter
07. Hungry Baby
08. Earthquake
09. Get Your Life Back