KHOST, Governance
Dei Khost, delle loro origini e dei loro legami ho già parlato in precedenza: Birmingham, Godflesh, acidissimo industrial-doom. Siamo di fronte a veterani che sanno molto bene ciò che fanno e lo portano all’estremo. Non si può chiedere loro di mostrare chissà quali nuovi scenari: loro in passato sono stati parte di qualcosa di coraggioso e oggi hanno fatto un altro buon disco, frutto delle loro esperienze. “Redacted Repressed Recalcitrant” è un inizio così punitivo e convincente che potrei già smettere qui di scrivere. Un altro brano molto buono, che a questo punto non per caso riappare remixato a fine disco, è “Coven”, con un riff portante che potrebbe andare avanti per giorni senza stufare. Si tratta di un secondo esempio per far capire che la massa critica c’è: chiunque ascolti un po’ di questa roba, deve dare una chance a Governance. Non c’è però solo potenza, ma anche una grande capacità di creare le atmosfere giuste, sempre con una sfumatura orientaleggiante già suggerita dal nome. Tornano anche gli ospiti della volta scorsa. Jo Quail (violoncello) in “Defraction” (a proposito di orientalismi…), mentre in “Cloudland Mausoleum” torna a performare per i Khost il pugile-scrittore-cantante Eugene Robinson (Oxbow e pure Buñuel con Capovilla, Iriondo e Valente), e in qualche modo questa combinazione funziona.
Penso che vada bene così, no?