KHOMPA, The Shape Of Drums To Come
Quando intitoli il tuo album “The Shape of Drums To Come” stai già gettando un guanto di sfida, e sapere quanto lontano puoi andare è una grande responsabilità per un musicista. Davide Compagnoni (già batterista degli Stearica) se ne fa carico da solo e concentra tutte le sue energie sulla realizzazione di un live-project in cui gli elementi principali sono essenzialmente un drum-kit, trigger (sensori elettronici applicati a ogni pezzo della batteria che producono un suono a loro assegnato), un laptop e uno step sequencer gestito, oltre che con pedali, con Max For Live, un software che gli permette di creare strumenti virtuali e dunque di ottenere melodie suonando la propria batteria, senza uso di registrazioni pre-esistenti o loop. Pubblicato per l’etichetta britannica Monotreme (This Will Destroy You, 65daysofstatic e Sleepmakeswaves), il disco è composto da otto brani dai titoli futuristici che sembrano quasi altrettanti capitoli di una storia distopica, del resto, come prima Ornette Coleman (“The Shape Of Jazz To Come”, 1959) e i Refused poi (“The Shape Of Punk To Come”, 1998), il titolo cita quello del romanzo di fantascienza di Wells.
“The Shape” e “Louder” si sviluppano in un crescendo disturbato, caotico, dalle chiare derivazioni punk. “Upside-Down World”, pezzo arricchito dallo spoken-word dall’incedere minaccioso di Taigen Kawabe del quartetto giapponese Bo Ningen, conferma la natura ibrida di un disco così libero da confini di genere che prende persino una piega decisamente noise (“D.A.C.”). Con i suoi oltre otto minuti di durata, “Wrong Time Wrong Place” è l’episodio più lungo dell’intero lavoro ed è completamente distaccato dalle altre tracce: ora il suono è più distorto e sembra esser stato aggiunto uno strato di mistero. Quello sprigionato dalla batteria di Khompa è un sound pioneristico e ipertecnologico molto vicino a quello già sperimentato dal one man 8-bit André Diamant aka “Duracell” e altrettanto prossimo, per intensità del drumming, a ottimi batteristi come Greg Saunier (Deerhoof), Brian Chippendale (Lightning Bolt, Black Pus) e Zach Hill (Death Grips).
Ci troviamo di fronte all’ennesima dimostrazione che anche gli strumenti elettronici hanno la loro estetica e anima. Khompa è senza alcun dubbio interessante, nonostante a tratti sia così preciso e metodico da rischiare di rimanere circoscritto nella cerchia degli “Ableton addicted”.