Khompa: guardare in faccia la realtà
I fatti: Davide Compagnoni è il batterista del trio strumentale Stearica e sta sulla piazza anche come solista col nome Khompa, con cui espande la batteria attraverso i mezzi che la software house Ableton mette a disposizione. Khompa è da pochi giorni al secondo disco, Perceive Reality, su Monotreme Records. Non è solo musica, la sua: c’è tutto un lavoro sulla controparte visiva, anche per gli spettacoli dal vivo.
Le mie impressioni: Perceive Reality è un cambiamento notevole e forse un passo in avanti rispetto al predecessore, The Shape Of Drums To Come, ancora attaccato a strutture rock, quasi punkeggiante, spesso alla ricerca di qualcosa che possa emulare la chitarra. Perceive Reality un disco sempre spontaneo, in qualche modo, perché registrato in presa diretta, ma che col rock ha poco a che fare: più vicino alla cosiddetta musica elettronica, direi. Sembra di vedere Tony Stark che mette man mano in moto intorno a sé le meraviglie tridimensionali dell’intelligenza artificiale che ha creato.
Suoni con gli Stearica e sei un turnista in altre band, se così posso definirti. Ce la fai sostenerti solo con la musica?
Davide Compagnoni: Domanda da un milione di dollari! La risposta è semplice: no.
Anche se in alcuni periodi della mia vita gli introiti derivati dalla musica hanno giocato un ruolo decisamente importante nel mio budget annuale, non ho mai vissuto di sola musica. Ho sempre affiancato la musica a un’altra attività che svolgo come freelance da ormai molti anni: la traduzione. Ultimamente sto collaborando anche con Ableton (un nuovo capitolo molto stimolante), ma negli anni ho tradotto di tutto e di più, anche se ultimamente sto lavorando tanto nel settore streetwear, marketing, social media…
La verità è che vivere di sola musica è davvero molto complicato e nella maggior parte dei casi devi scendere a compromessi, e dopo un po’ diventa (quasi) un lavoro come un altro. Ho sempre preso la musica molto seriamente ma mi ha sempre interessato molto di più sperimentare che diventare un bravo turnista o un bravo insegnante, così da poter vivere di musica (nonostante io abbia un’enorme stima per turnisti e insegnanti). Semplicemente mi interessano l’underground e la sperimentazione, e mi sono sempre tenuto a distanza da tutto ciò che è mainstream, anche se in passato ho lavorato come turnista anche per artisti che potrebbero essere definiti “pop”. A livello lavorativo/economico, scegliere un percorso underground complica ancora di più le cose. Il che è tutto dire, dato che la musica è un percorso difficile e tortuoso in ogni caso.
Sul sito ormai ospito una grande quantità di “batteristi aumentati”, quelli che pubblicano album interi da soli, album che a un primo ascolto non sembrerebbero realizzati da un batterista da solo: Andrea Belfi, Samuel Rohrer e altri ancora (Guthrie, Keszler, Greg Fox…). Pare a me oppure c’è proprio un filone?
Pare anche a me che stia nascendo una sorta di filone. È molto strano quello che sta succedendo, perché la gente non è abituata a vedere un batterista come un compositore o un performer solista. Invece è esattamente quello che sta accadendo. Ci sono batteristi che salgono da soli su di un palco ed eseguono un intero live, anche se non tutti sono ancora pronti ad accettare questa cosa. Credo sia anche un fattore culturale. Ma piano piano le cose stanno cambiando: batteristi alla riscossa!
A parte gli scherzi, personalmente lo trovo molto stimolante, è una vera sfida. Poi ogni batterista lo fa a modo suo. Io mi sono messo in testa che i dischi e le performance dal vivo devono essere sempre suonati live al 100%, senza sequenze o loop. Potrei cambiare idea in futuro, ma sia il primo disco The Shape Of Drums To Come sia il nuovo lavoro Perceive Reality sono registrati live, senza sovraincisioni.
Tra i batteristi che hai citato mi piace molto Andrea Belfi. Ha un gusto davvero sopraffino, anche se ha un approccio molto diverso dal mio.
Sottovalutiamo molto l’apporto dell’elettronica a qualunque disco, anche quelli rock insospettabili. Domanda ovvia, ma sai, a volte servono… come hai iniziato con Ableton, Max MSP et similia?
Ho iniziato con Ableton quando vivevo a Londra. Suonavo con un mio amico giapponese che ha poi fondato i Bo Ningen qualche anno dopo che ho lasciato la città. Fu lui a passarmi la prima crack di Ableton Live. Venendo da Fuity Loops, Ableton è stato un bel salto. Continua a essere la mia DAW di riferimento perché è perfetta per quello che faccio. Non ha eguali sul mercato. Inoltre l’approccio modulare che offre è davvero stimolante e moderno. Per non parlare del mondo MaxForLive: infinite possibilità in continua espansione. Come già saprai, l’intero processo compositivo e performativo di Khompa si basa su uno step sequencer che ho sviluppato con MaxForLive grazie all’aiuto di GUP Alcaro del collettivo Superbudda (Torino), e successivamente ampliato grazie all’aiuto di Matteo Marson, che è recentemente entrato a far parte del collettivo SPIME.IM. Se non li conoscete, andate subito a scoprirli perché ne vale davvero la pena.
Quanto hanno pesato due anni di “infodemia” su un titolo come “Perceive Reality”? Uno la può pensare come vuole su ciò che succede nel mondo, ma mi pare chiaro che abbiamo tutti un grosso problema a mettere in pratica quella che gli storici chiamano “critica delle fonti”.
“Perceive Reality” è un’esortazione ad approfondire la relazione con la realtà, evitando le visioni semplificate, spesso illusorie. In un contesto storico che fomenta il proliferare di informazioni e visioni duali, gli individui sono sempre più esposti al pericolo di percepire meno la complessità degli eventi perdendo così l’allenamento a maturare opinioni complesse e articolate, frutto di una riflessione, che sia essa individuale o collettiva.
L’eccesso di informazione a cui siamo esposti ogni giorno è decisamente deleterio. Non abbiamo più il tempo (o la voglia) di approfondire. Ci fermiamo ai titoli degli articoli senza leggere gli articoli. L’algoritmo di Spotify ci dice cosa ascoltare e non andiamo più nei negozi di dischi per scoprire nuova musica. Crediamo a tutto ciò che leggiamo su Internet senza approfondire, senza verificare le fonti… Il discorso è molto ampio e non riguarda solo gli organi di informazione o gli algoritmi che regolano il nostro quotidiano, bensì moltissimi altri aspetti della nostra vita, da quella sociale a quella lavorativa, fino a pervadere anche aspetti privati, le scelte che prendiamo, le difficoltà della vita che non vogliamo affrontare e che spesso preferiamo nascondere a noi stessi, e così via.
È un tema su cui ho riflettuto molto negli ultimi anni perché credo che attualmente il distacco dalla realtà sia uno dei problemi più grandi della nostra società. Ho scritto tutto il disco con questo concetto in testa e anche lo show audio-video che sto preparando si basa interamente sulla percezione della realtà.
Ho avuto già a che fare con Bienoise, mai con Tomat. Ci spieghi che ruolo hanno avuto i due nel disco? Grazie.
Alberto (Bienoise) e Davide (Tomat) sono probabilmente i miei due producer di elettronica italiani preferiti in assoluto. Quindi per me è stato un vero piacere collaborare con loro. Con Davide abbiamo suonato tanto insieme in passato, con Alberto invece era la prima volta.
In entrambi i casi ci siamo chiusi 2-3 giorni in studio a registrare in maniera molto spontanea. In pratica, io suonavo la batteria e loro spippolavano sul laptop. In alcuni casi abbiamo registrato dei campioni di synth che poi abbiamo triggerato con la batteria, in altri casi abbiamo usato strumenti di Live, in altri casi ancora siamo partiti da una melodia…
Una volta tornato nel mio studio ho scelto i brani che potevano essere più giusti per questo disco e li ho sviluppati. Quindi la stesura dei brani l’ho portata a termine da solo, partendo dalle idee che erano nate durante le session creative. L’apporto di Bienoise e Tomat è stato fondamentale nel forgiare l’identità del disco. Per una serie di motivi sia tecnici che stilistici, quelle session in studio con loro due hanno in qualche modo influenzato anche il resto del disco, non solo i brani su cui abbiamo effettivamente collaborato.
Sono andato a riascoltarmi The Shape Of Drums To Come per capire qualcosa di più su di te. Le chitarre non c’erano come non ci sono adesso, ma il tiro era molto più rock. Perceive Reality non cerca di suonare come un disco rock. Lo chiedo a te: come cerca di suonare?
Il primo disco era decisamente più rock, molto più diretto e viscerale, alquanto diverso dal nuovo album. È sempre così, ogni disco è un’evoluzione. È una fotografia di quello che sei in quel momento. Perceive Reality è più adulto. È un disco in cui ho voluto mettermi in gioco e allontanarmi dalla mia comfort zone il più possibile, senza però snaturare la mia attitudine. Sono sempre io, è pur sempre un disco suonato dal vivo, con batteria ed elettronica. Però è tutto più organico, più moderno e a tratti anche più ostico del precedente lavoro. Il primo disco era un disco elettronico con attitudine punk. Questo invece è un album che include un concept ben preciso e che porterò in giro con uno show audio-video su cui sto lavorando. Insomma è un percorso diverso dal precedente, come è giusto che sia.
Domande che faccio sempre ai tuoi colleghi. Questa comincia a invecchiare. Hai guardato mai il film “Whiplash”? Che ne pensi?
L’ho visto tantissimi anni fa. Ricordo che mi era piaciuto ma che a tratti l’avevo trovato un po’ esagerato/ostentato (la figura dell’insegnante era un po’ esasperata) e a tratti non troppo realistico (il batterista aveva una tecnica delle mani alquanto discutibile!).
Domande che faccio sempre ai tuoi colleghi, parte seconda. Noi siamo una rivista molto metal. Come te la cavi coi blast beat?
Malissimo! Non riesco a tenerlo per più di 10 secondi.
Riuscirai a portare dal vivo questo disco?
Certamente! In collaborazione con il visual artist torinese Riccardo Franco-Loiri (alias Akasha) sto preparando uno show audio-video interamente basato sul concept dell’album. In questa nuova performance audio-reattiva, triggero (e modulo in diversi modi) sia la parte audio che i visual, tutto in tempo reale, 100% live. Un grosso upgrade rispetto al mio set precedente. Riccardo è davvero molto bravo, ci siamo trovati bene fin da subito, il che non era per nulla scontato. Lo show sta prendendo forma e non vedo l’ora di portarlo in giro.