KHEM, The Cross
Khem è un collettivo artistico e musicale con base operativa a Taranto, che si muove creativo e poliedrico nella realtà industrial italiana di stampo più “classico”. The Cross è l’ultimo lavoro di Cosimo “Zos” Mungheri, affiancato da Devis Granziera (Teatro Satanico) sia nella produzione sia nelle performance durante eventi del calibro del Destination Morgue.
In undici tracce, The Cross striscia tra agit-pop, noise ed enunciazione futuristica, una varietà di suoni e passaggi che l’intro “Babalon The Harlot” – che suona un dark ambient dal profondo – non lascia minimamente intuire. Il beat acido e metallico di “prof. Bad T.R.(ip) I.(n) P.(eace)” spezza infatti l’atmosfera precedente, si squaglia come droga e si mescola all’inchiostro delle illustrazioni dell’artista ligure in un gioco malato e lisergico. I ritmi scanditi e ripetitivi di “Fourth Way”, che proseguono con intense deviazioni ambient in “Psalm”, anticipano due brani cardine del disco: “The Cross” presenta una nenia profonda che fa da sfondo in modo leggero a una base noise ancorata alla metrica precedente, con percussioni lievi e distorsioni marcate. Lo stesso rituale di parole cantate e sussurrate a mezz’aria si propone in “Syrens Of Taras”, ricreando un’atmosfera surreale tra l’acquatico e lo spaziale, mutando suoni naturali in rumori sintetizzati. La voce di Cosimo prosegue incalzante e propagandistica in un trittico di denuncia-azione che si apre con “Pazienti Socialisti Khem”, un ritmo dub che racconta musicalmente la contaminazione della società odierna, tema esemplificato dal verso “La salute è una chimera” e approfondito in sottofondo da versi in lingua inglese. “Fatto Di Cronaca” è una filastrocca cinica e polemica che cita Carmelo Bene e recupera di nuovo il compianto Professor Bad Trip, mentre “Peggio” chiude in modo autoreferenziale e antimoralista un nucleo compatto del disco, al sapore di CCC CNC NCN. “Aiwaz” riporta l’ascolto verso i tamburi e i clangori sciamanici delle prime tracce, un’invocazione tra il naturale e il robotico che trasforma nuovamente in progressione lo strumento nel suono digitale. Dopo tante parole, quattro minuti e trentatré secondi di silenzio – con piccoli rumori sul finale – creano la traccia autonoma 4’33”e chiudono il disco in modo quasi ironico con un’ altra citazione di alto livello. The Cross mescola tanti ingredienti, riproponendo alcuni sapori a distanza di tempo e concentrandone altri – i più intensi e provocatori – in un’unica esperienza che lascia un piacevole e distruttivo amaro in bocca.