KATA PHORE, Virevolte
Un ampio campionario di suoni sintetici per una nuova realtà digitale. È un doppio debutto Virevolte, primo lavoro di Kata Phore e tassello inaugurale della neonata DDDD (derive di digitali dolenti), costola della EEEE di Vasco Viviani dedicata alle uscite in solo formato liquido. Quello messo in campo per l’occasione è un caleidoscopio elettronico fatto di synth luminosi, linee armoniche a tratti spiazzanti – vedi l’innesto della tromba nel trip-hop di “Redite” – e partiture ritmiche mutevoli che variano dalla cassa dritta di “Horses” al downtempo sognate/ludico di “Aquablu”.
Ad emergere dalla mezz’ora abbondante dell’album è soprattutto la capacità della musicista svizzera di connettere e tenere insieme suggestioni e atmosfere cangianti, affidandosi a un approccio unitario fatto di essenzialità delle forme e un’attitudine alla leggerezza che non è mai superficialità. Pochi elementi attentamente scelti, combinati in flussi sintetici caldi che attingono dalla minimal techno quanto dall’electro rock, strutturano un territorio aurale fatto di luci ed ombre – profonde quelle disegnate per l’inquieta “Sandworm” – in cui trovano spazio sfumature estratte da un campionario ampio e trasversale. Un disco che scorre via rapido lasciandoti addosso la voglia immediata di un nuovo ascolto a caccia dei dettagli di un suono piacevolmente sfuggente.