K’AN, Babel
Precipitare dentro, questo significa K’an, ventinovesimo esagramma dell’I-Ching da cui prende nome il progetto di Paolo Bellipanni. Dopo l’esordio con il primo full-length Anima, autoprodotto e supportato da Dan Barrett (frontman degli Have A Nice Life e dietro alla Enemies List Home Recordings) e la serie di ep “Mutation” (tre capitoli diffusi dall’etichetta americana Ōnyūdō), il talento cristallino e visionario del compositore e sound-designer romano si muove verso nuove brulicanti saturazioni ambientali con Babel. Pubblicato in tiratura limitata dall’americana Time Released Sound, l’album scorre come un flusso cangiante mentre Bellipanni sembra divertirsi a filtrare e frammentare elementi diversi (piano, chitarra, synth o field recordings), dimostrando un personalissimo gusto per la ricerca elettronica.
Le undici tracce che compongono Babel hanno ciascuna carattere autonomo, sono undici variazioni sul tema del linguaggio musicale adottato e le sue infinite possibilità di composizione e lettura. In “Alphabet”, ad esempio, si passa dalla placidità del piano a sferzate elettroniche che si propagano con grande intensità fino a svanire in maniera quasi impercettibile. Il campo d’azione è sempre quello ambient, noise e dintorni, ma i brani successivi mostrano aperture inaspettate e un melodismo a tratti sinistro (“Inversion Of Mouth I”), a tratti invece più malinconico (“Womb Is A Perfect Place To Conspire”), che poco dopo si dissolve nel vortice ipnotico creato dagli sciabordii sintetizzati di “Immure”.
Queste sono solo alcune delle impressioni scaturite dalla fusione di concretezza elettronica ed estemporaneità melodica che è Babel: un disco che mira all’emozione oltre che al concetto del linguaggio e a ciò che la torre di Babele rappresenta nell’immaginario collettivo. Vale la pena ascoltarlo, in particolar modo durante le ore notturne.