JULIE CHRISTMAS, Ridiculous And Full Of Blood
Recupero il nuovo disco di Giulia Natalina prima che sia troppo tardi, dato che tutti quelli che l’hanno sentito hanno detto che è una mina, ed è vero o almeno in macchina mia fa la sua porca figura quasi con chiunque, perché lei è sì sopra le righe, ma ti convince di essere una giga-matta vera, una che ormai ha sbroccato, sta correndo verso di te e nessun barlume di coscienza la fermerà finché non avrà finito con te.
Julie Christmas arriva da Battle Of Mice e Made Out Of Babies e qui, come per lo stracult Mariner, collabora con Persson ed Hedlund dei Cult Of Luna, ma pure con Andrew Schneider, che aveva prodotto Mariner e anche una band infernale come i KEN Mode. Lei – è una mia ipotesi, ma considerato il suo carisma direi di sì – cerca di portare noise rock e post-metal più vicino alla forma canzone, trovare una quadra tra musicisti che preferiscono destrutturare e andare lunghi e lei che, se avesse preso il treno giusto, sarebbe al posto di Chelsea Wolfe. Basta accorgersi di come sputa l’anima in “Not Enough” e “Supernatural”, con un tiro “anthemico” (sì, l’ho scritto davvero) che fa pensare a quando l’alternative rock conquistava le classifiche negli anni Novanta, perché prima di tutte le sue giuste mutazioni quel genere se la giocava nei campionati dove giravano i soldi. E Ridiculous And Full Of Blood, quando non ci sento troppo i Cult Of Luna, mi fa pensare agli anni Novanta: pezzi come “Thin Skin” hanno addirittura qualcosa di nu metal (la parte ancora accettabile del nu metal) e lei alla fin fine ha quello stesso modo di scappottare che ha (aveva) Jonathan Davis, perché la sua pelle è un sottilissimo strato sopra i nervi e se la tocchi salta per aria.
E all’Hellfest il pubblico riconosceva i pezzi. Forza Giulia, forza!