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JUGGERNAUT, Neuroteque

Gli Juggernaut hanno già subito una trasformazione consistente dal primo Where Mountains Walk al successivo Trama!, con la scelta di abbandonare la voce per concentrarsi sulle partiture strumentali, oltretutto con la modifica del proprio approccio alle sonorità pesanti grazie all’innesto di ingredienti “altri”, gli stessi che ritroviamo anche in questo nuovo Neuroteque, seppure dosati in modo differente e asserviti a differenti strutture narrative. Qui il taglio con l’album precedente appare meno secco, piuttosto si tratta di un’evoluzione di quelle traiettorie, in cui la formazione affina e porta a compimento alcune intuizioni felici, come la necessità di dare una forma visiva al suono vista la mancanza di un cantante che ci descriva a parole cosa accade nella musica, aspetto che costringe i musicisti coinvolti a donare profondità e sfumature al tutto per accompagnare l’ascoltatore nel proprio immaginario sonoro. In questo aiuta non poco l’abilità tecnica messa in gioco dagli Juggernaut, bravi nell’utilizzare le proprie qualità senza indugiare nella voglia di mettersi in mostra e strafare. Non c’è, dunque, segno di onanismo o fine esibizione, ma si utilizza ogni competenza per donare toni e colori ad una tavolozza che descrive uno spazio fisico e mentale in cui divagare e su cui costruire grazie ai suoni. I linguaggi messi in campo sono vari, ormai siamo distanti dalla cattiveria del primo disco, anche se la potenza viene utilizzata alla bisogna e non appare latitante nei molti crescendo, piuttosto è inserita per far esplodere i brani dopo aver cullato l’ascoltatore con note accennate, vuoti riempiti con incursioni nel passato grazie alla felice decisione di strizzare l’occhio al mondo cinematografico dell’Italia anni Settanta a cavallo tra sceneggiati Rai e film di genere, con una bella spruzzata di psichedelia e tante spezie (bossa nova inclusa) a condire il piatto. Visto che siamo in tema di metafore culinarie, diciamo che anche la presentazione vuole la sua parte e, al solito, gli Juggernaut sanno come muoversi, scegliendo la complicità di Hombrelobo e Studio73, ovvero Valerio Fisik e Riccardo Pasini, due nomi che non necessitano di troppe presentazioni. Il risultato finale conferma la personalità e il valore di un progetto su cui abbiamo puntato sin dagli esordi e che con il proprio coraggio nel rimettersi in gioco e reinventarsi ha saputo prenderci in contropiede e partire alla scoperta di un percorso che ne mette in risalto doti e potenzialità. Bene così, anzi molto bene.