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JOZEF VAN WISSEM, Ex Mortis

Il liutista olandese viaggia a una media di quasi due dischi l’anno, alcuni molto belli, altri poco più che ascoltabili; mi piace, quando ne ho la possibilità, spendere comunque due parole sui suoi lavori, nonostante il suo primo disco a entrare in casa mia sia associato indissolubilmente al ricordo di una fastidiosissima otite che ha lasciato non pochi strascichi sul mio stato di salute psicofisica.
Ex Mortis è un lavoro senza particolari alti e bassi, piuttosto tipico all’interno del catalogo di Jozef, tanto che per chi non lo avesse mai ascoltato e volesse accostarvisi per la prima volta ne potrei consigliare tranquillamente l’acquisto. Le otto composizioni sono ispirate a “The Book of Gostlye Grace”, scritto alla fine del tredicesimo secolo in un monastero tedesco e incentrato su un desiderio di avvicinarsi a Dio così intenso da essere prossimo alla sfera dell’erotismo. Brani come “Concerning The Souls Of The Departed”, in apertura, o “The Word Incarnate Dwells Amongst Us” sono assolutamente tipici della modalità compositiva del liutista: simmetrie, luci e ombre, attese cariche di significato, la risonanza dello strumento che spesso dice tutto e lo sfrigolio lieve delle corde sul legno. Questa volta fra gli ospiti del disco ci sono Jarboe, il cui duetto vocale con Van Wissem pare evocare l’antinomia beatitudine/dannazione, e Thor Harris, che guarnisce di frustate la movimentata “Cold Corpse”: in sostanza i due ex Swans spostano poco, non riescono a rubare l’orecchio come, ad esempio, Zola Jesus sul long playing del 2016, nel novero delle collaborazioni più riuscite dell’olandese. Se proprio vogliamo individuare qui un tratto distintivo, questo va ricercato in un uso più marcato e disinvolto della ritmica in determinate tracce: per il resto, usando le parole del venerabile Jorge, ci troviamo di fronte a “sublime ricapitolazione”.