JOSH MASON, An Anxious Host
Di primo acchito, entrati nel territorio di A Anxious Host, ci si ritrova immersi in una sorta di dub bianco, polposo ed oscillante. È la prima occasione che ho di ascoltare gli insiemi sonori di Josh Mason, attivo a quanto apprendo da più di un decennio con uscite su parecchie etichette del sottobosco. È musica dolcemente evocativa, mollemente disturbata, umida e ricca di microorganismi come la Florida, luogo dove è stata composta. Suoni spaziali, suoni che originano da un differente sguardo sulla materia, che cattura paesaggi in movimento attraverso lenti macroscopiche o microscopiche. Cenni pianistici rarefatti come in “The Sunken Cost Is Details” si raccolgono cesellando attimi di bellezza sorprendente, confermando Josh come compositore a tutto tondo, dotato di quella capacità di organizzare e far fluire suoni all’apparenza casuali e liberi. Avanzando con l’ascolto, infatti, si riesce a leggere i diversi brani come vere e proprie storie, o scene. Attimi di vera e propria suspence come “Cart Dog”, durante la quale sembra di assistere agli ultimi respiri di un’essere sospeso fra il mondo reale e quello digitale. Musica delicata, impalpabile e ricca come granelli di polvere o di polline che volano nell’aria. Maneggiandola con cura e dedicandole la giusta attenzione ci trascina via, facendoci cambiare punto di vista sul mondo, scoprendone parti a noi negate finora.