JONATHAN FITOUSSI, Origins
Fitoussi è un sound artist parigino che viaggia verso i quarant’anni. Lavora presso l’INA (no, non le nostre assicurazioni…), dove trasferisce da nastro a digitale le opere preziosissime contenute negli archivi dell’istituto. Lui, però, quando deve comporre, preferisce avere davanti il caro, vecchio sintetizzatore analogico: in questo caso si tratta – principalmente – dell’EMS Synthi Aks, mentre in passato aveva messo le mani su di un Buchla, un po’ come la “nostra” Caterina Barbieri. Per chiunque abbia l’età di Jonathan, ma coprirei un arco di anni che arriva fino ai suoi genitori, la copertina sarà un colpo al cuore e uno stranissimo viaggio nel tempo per rivedere come si immaginava il futuro nel passato. Quando il disco comincerà a girare, sarà la volta di un altro balzo all’indietro, questa volta negli studi dei pionieri dell’elettronica, dei corrieri cosmici e di Jarre. Fitoussi non si limita solo a questo revival, ma sembra voler toccare tanti sottogeneri (il piano di “In Space” che strizza l’occhio al cosiddetto “modern classical”, la chitarra elettrica di “Surface” che flirta con certe intuizioni del drone doom, il falso glitch di “Microscopic”…). Qualunque appassionato d’elettronica d’ascolto potrà trovare dei passaggi piacevoli in Origins (io adoro “Celestial Arc”), ma questo significa anche che il lavoro di Fitoussi avrebbe bisogno di maggiore coesione, se proprio dobbiamo cercare anche i difetti.