JONAS KOPP, Photon Belt
Al trentaseienne Jonas Kopp sono bastati pochi anni di attività per emergere dall’underground di Buenos Aires e diventare tra i più richiesti a livello internazionale. Oltre ad aver collaborato con alcune delle realtà più quotate del settore (tra le quali ricordiamo Stroboscopic Artefacts, Deeply Rooted House e Ostgut Ton), ha fondato Traut Muzik e Untidy, imprint dedicate rispettivamente alla diffusione di nuovi talenti argentini e alle uscite più marcatamente house del produttore.
Di sicuro il sodalizio più fruttuoso è quello che ha stretto con Tresor, etichetta legata al seminale club berlinese in cui il sudamericano è resident da alcuni anni: per essa ha pubblicato un paio di ep e il proprio full length d’esordio Beyond The Hypnosis. Sempre su Tresor è uscito anche il suo secondo album Photon Belt, il cui concept è ispirato da una credenza New Age che parla di una presunta fascia di fotoni che dovrebbe attraversare la Terra in questi anni e portare elevazione spirituale e/o sconvolgimenti drammatici nell’umanità.
Da quando i primi esuli della techno americana sono rimasti folgorati dai party incontenibili che avevano luogo sul cemento spoglio della prima incarnazione del Tresor, ha preso forma l’Axis Detroit-Berlino (questa fase embrionale è testimoniata dalla compilation del 1993 “Tresor II: Berlin Detroit – A Techno Alliance”, ai tempi distribuita da NovaMute). Proprio lungo questo asse si muove in costante sorvolo la musica di Kopp, che da un ep all’altro ha cercato di coniugare il realismo minimalista e martellante dei tedeschi con le visioni (afro)futuristiche della Motor City.
In Photon Belt la musica è un tripudio di kick cavernosi e bleep da navicella spaziale, intervallati dalle texture ambient alle quali Kopp si è appassionato negli ultimi anni (basti ascoltare il buon 55 Dias uscito su Ilian Tapes). Gli intrecci ritmici tra sintetizzatori e percussioni conferiscono un groove particolare ad alcuni momenti del disco, nei quali si fa sentire il retroterra culturale dell’argentino (“Tuning Frequency” ha lo stesso feeling di alcuni lavori di Ricardo Villalobos). I brani comunicano bene la sensazione di ambivalenza del fenomeno astronomico menzionato nel titolo, ora sotto forma di techno frenetica reminiscente della lezione di Detroit (“Galactic Core” e “5D World”), ora con passaggi in cui sono presenti spunti che suonano quasi come versioni 2.0 della Kosmische Musik (“Photon Belt” e “Taygeta”).
Il risultato è più coeso rispetto ad alcuni sforzi passati (merito anche di una palette sonora ben definita) e attesta un pregevole affinamento delle capacità compositive di Jonas Kopp, che ci consegna un album godibile dal primo all’ultimo minuto.
Tracklist
A1. Electrons Splitting
A2. Projections From Alcyone
A3. Tuning Frequency
B1. Galactic Core
B2. Aile
C1. Photon Belt
C2. Into the Manasic Belt
C3. Bridge To The Stars
D1. Taygeta
D2. 5D World