JON ROSE, The Aeolian Tendency
L’australiano Jon Rose non è un personaggio facile da catalogare: in oltre quarantacinque anni di carriera si è distinto come violinista, compositore, artigiano costruttore di strumenti musicali, critico, artista multimediale et cetera. The Relative Violin è però il progetto intorno al quale ruota tutta la sua vita artistica: un unico strumento, il violino, declinato in un migliaio di modelli (acquistati o personalmente progettati ed esposti nel Rosenberg Museum, di proprietà dell’artista) su cui sviluppare inedite tecniche esecutive per poi trasferirle in un corpus di opere musicali da eseguire dal vivo o manipolare in studio.
The Aeolian Tendency rientra solo indirettamente nella ricerca di Rose, dal momento che non è stato realizzato con i cordofoni bensì con due strumenti eolici progettati da Rose stesso, The Monolith e The Tube, rivestiti di corde di pianoforte e cordini da pesca (nonché vari microfoni). Il vento, proprio come un archetto, sollecita le corde facendole vibrare, permettendo la generazione spontanea di bordoni, micro toni e dissonanze.
L’idea degli strumenti eolici ha certamente un fascino ancestrale, dal momento che l’azione del vento sulle rocce e sulla vegetazione ha costituito – insieme alla voce umana – la più antica forma di musica da quando l’essere umano è comparso sulla Terra.
Il risultato è un flusso sonoro per lo più imperscrutabile, come attesta l’enigmatica “The First Tendency”, giocata su continui spostamenti di canale di bordoni scuri e soffocanti. Altrettanto aliene sono le dissonanze quasi ligetiane di “The Second Tendency”, in una ideale riproposizione di quella micro polifonia teorizzata dal compositore ungherese. Questa aderenza a forme e stili propri della musica d’avanguardia del secolo scorso pone il dubbio su quanto di realmente aleatorio sia rimasto nelle composizioni e quanto di esse sia in realtà frutto di un meticoloso lavoro di studio. Conoscere la risposta a questa domanda potrebbe risultare cruciale per giustificare tutta la ricerca condotta da Rose sugli strumenti eolici.
Ogni volta che un compositore di musica elettroacustica si trova a dover lavorare su materiale audio non strutturato, nel rimontarlo ricadrà nella ripetizione di determinati schemi musicali pregressi. È inevitabile. Per la loro stessa natura, gli strumenti eolici non sono soggetti a nessuna legge, reagendo semplicemente alla sollecitazione del vento. È chiaro che proporre le performance catturate in presa diretta – senza alcun intervento a posteriori atto a dare un senso al materiale registrato – avrebbe reso l’ascolto quasi impossibile. Ritengo che vi siano all’interno del disco molti episodi genuini in cui ascoltiamo anche gli scricchiolii degli strumenti in movimento (“Third Tendency”) ma in generale The Aeolian Tendency è assimilabile ad un lavoro di montaggio dai toni gravi e lugubri che restituisce un mondo sonoro influenzato dalla sperimentazione accademica ed elettroacustica e perfetto per sonorizzare qualche vecchia pellicola espressionista. Oltre a questo, nulla di realmente memorabile.
Il genio di questo autore va ricercato ed apprezzato nella sua ossessione compulsiva per il violino, strumento che nella sua mente assume le forme più strane ed improbabili. Forme che da abile artigiano qual è riesce a materializzare in strumenti reali, impugnati con impareggiabile maestria esecutiva.