JOHN, THE VOID, III – Adversa

JOHN, THE VOID, III - Adversa

Avevo già parlato dei John, The Void da Pordenone nel 2017. Il contesto non è cambiato: i Neurosis girano il mondo e vengono giustamente ben pagati, la gente si commuove quando gli Isis tornano per un attimo col nome Celestial, ma il post-metal non è più il genere che tutti suonano, anzi. Loro, come speravo, tirano dritti e riescono a pubblicare per Argonauta questo III – Adversa. Se dovessi descriverlo rapidamente a un amico, gli direi di pensare a Panopticon di chi sapete voi, poi aggiungerei che il gruppo è molto bravo a disegnare atmosfere fantascientifiche attraverso synth ed effetti sulle chitarre (in alcuni momenti è davvero un lavoro fatto col cesello), così come del resto fantascientifica è la storia. Questa capacità non produce l’effetto collaterale classico, cioè l’assenza di “pacca” nelle parti più rabbiose e sofferenti, che in alcuni attimi di quest’album suonano al 100% credibili e vere: forse, in questo senso, il pezzo più emotivo e memorabile è “Silent Bearer”, durante il quale i John, The Void non sbagliano nulla, passando in rassegna tutte le loro influenze (dal post-rock al black metal americano) senza creare un Frankenstein, cioè incastrando sequenze diverse, ma che funzionano bene insieme. Nemmeno i 13 minuti finali di “A Permanent Change” stancano: anche in questo caso, sempre tenendo presente che qui quasi ogni traccia è composita, il gruppo non ha paura di essere più diretto e semplice quando serve, guadagnandosi l’empatia di chi lo sta ascoltando.

Per me, già così stiamo discutendo di un gruppo valido. Non mi sorprenderei se qualcuno mi dicesse che c’è bisogno di più autonomia dai modelli di riferimento: forse il prossimo album sarà quello della definitiva maturità.