JESSICA PAVONE, In The Action
Lunghi fili sospesi tra edifici fatti di finissima sabbia, cattedrali di vento, origami elettroacustici. Questo disco coglie la violista americana nel pieno dell’azione e dell’ispirazione, con quattro ampi movimenti che spostano l’aria. Sottile e celeste come ossigeno di altura, la musica di Jessica Pavone è un vero e proprio viaggio oltre le nuvole e dentro il nostro cosmo interiore. Lo stesso senso di meraviglia estatica in un qualche indicibile luogo tra minimalismo, contemporanea, ombre di bluegrass e memorie jazz che anima il violoncello dell’olandese volante Ernst Reijseger. Musica perfetta per le migliori visioni di Werner Herzog: da qualche parte il profilo di Tony Conrad ad annuire sornione, Morton Feldman si accende una sigaretta e noi restiamo rapiti dall’ascolto di questi 27 minuti di esplorazioni delle possibilità di uno strumento in solo, nudo o trattato attraverso un sapiente uso degli effetti (“And Maybe In The End”). Questo terzo lavoro in solo per la musicista, già al fianco di eminenze grigie del calibro di Anthony Braxton,William Parker e John Zorn, oltre che con la chitarrista Mary Halvorson è semplicemente magnifico. “Look Out – Look Out – Look Out” è un labirinto noise dove lo strumento suona completamente trasfigurato; schegge, specchi rotti, fragori, vampe, rumori, dolore, bellezza che stilla intatta dalle crepe di questo mondo in frantumi. Un suono potente e magmatico come potrebbe essere quello di un Phill Niblock o di un rumorista d’assalto convertito alla musica da camera. Oppure la risposta per strumento ad arco alla discesa negli inferi del respiro di Spelunker, il progetto per sax alto aumentato e feedback di Piero Bittolo Bon, o un frammento dell’Helicopter String Quartet di sua maestà Karlheinz Stockhausen.
Non si lascia definire questo audiolibro dalle pagine bianche, questo imprendibile monumento agli dei dell’Ascolto Profondo, cangiante e lucente, scuro e possente; la title-track chiude con un perfetto abbraccio tra fragranze dei monti Appalachi (già tanti hanno giustamente insistito sui parallelismi, meno paradossali di quanto apparirebbe a prima vista, tra certo minimalismo e alcuni rami del secolare albero folk) ed esplorazioni al confine tra rumore e silenzio. Come un cuore indomito che batte, pulsa vita il suono in quest’ultima composizione, in perfetto equilibrio tra grazia e furore. Guardiamo fuori, guardiamo fuori, guardiamo fuori. E forse nella fine…