JERUSALEM IN MY HEART, Daqa’Iq Tudaiq
Quello di Radwan Ghazi Moumneh, in arte Jerusalem In My Heart, è un po’ un “caso”, anche perché non stiamo parlando solo di un progetto strettamente musicale ma video (le immagini che accompagnano sempre i suoi live sono a cura del sodale Charles-André Coderre, film-maker di Montréal). Si è fatto un gran parlare di questo album negli ultimi mesi, registrato dal vivo a Beirut nel 2017 e arrangiato assieme a Sam Shalabi (quello degli egiziani Dwarfs Of East Agouza, notevole pure un suo disco per l’egiziana Nashazphone), ma l’hype era già partito grazie alla collaborazione coi Suuns del 2015 per la Secretly Canadian e poi con la seconda uscita a suo nome, If He Dies, If If If If If If, dopo un primo lavoro da solista che segnava l’esordio per la fidata Constellation, Mo7it Al-Mo7it del 2013. Il musicista arabo trapiantato in Québec, dunque, pur segnando una carriera in fondo breve, ha bruciato parecchie tappe e suonato un bel po’ in giro per il mondo, convinto dei suoi mezzi e della proprie idee musicali, che sono un incrocio interessante tra coscienzioso omaggio alle proprie origini (il lungo brano diviso in quattro movimenti che apre il disco) e voglia di mescolarle con influenze occidentali, come nel caso della spiazzante nenia electro-noise in odore di psych-rock di “Thahab, Mish Roujou’, Thahab”. Stesso discorso va fatto per la sofferta “Kol El ‘Aalam O’youn” posta in chiusura e per lo strumentale “Bein Ithnein”, febbrile, vitale e potente, sicuramente la prepared acoustic guitar di Sharif Sehnaoui, sempre del giro egiziano più avant vicino a Shalabi, ha lasciato il segno. In sostanza Daqa’Iq Tudaiq è un album da avere e da apprezzare con la necessaria calma e la mente sgombra dai pensieri, ne ricaverete benefici e voglia di avvicinarvi a mondi meno lontani di quel che sembra.