JENNY HVAL & SUSANNA, Meshes Of Voice
I have a darkness
come on and be swallowed
come on in and you’ll drown.
There are days out on the hills
and sparks do find us
“I Have A Darkness” (Jenny Hval & Susanna)
Colpo di coda di fine anno. In ritardo, ma era d’obbligo provare a scrivere due righe su l’unione artistica – tutta norvegese e femminile – fra Jenny Hval e Susanna Karolina Wallumrød, e che affonda le radici nel 2009. Scriviamolo subito: nel breve testo d’introduzione si nasconde l’essenza di Meshes Of Voice. Proveremo a dare delle coordinate, però sarebbe meglio che scopriste tutto da soli.
Perfino la copertina di Meshes Of Voice è interessante, ed etichettarlo come un album dark-folk sperimentale e onirico sarebbe riduttivo. La padronanza vocale di Jenny Hval, poi, è disarmante, non si può far altro che apprezzare, restare in silenzio, chiudere gli occhi e lasciarsi andare con i pensieri, e il tutto è registrato in modo ottimale, tanto da riuscire a distinguere nitidamente i propri sospiri, i lamenti e le vocine degli ospiti mentali, quelli che suggeriscono cosa e come scrivere. Un album né vivo né morto, dall’aritmia cardiaca sinusoidale e dall’anima malaticcia e inquieta. Va dritto all’osso, ustiona e scarnifica poco alla volta. È intimista e malinconico quando decide di esserlo. Quando, invece, pensi che sia delicato e soffice, di colpo cambia registro e si arrabbia. È sofferto e carico di calore umano, ma è anche angelico e solare. È retrò e moderno nello stesso momento in cui diventa cinematico (“Medusa”). Se i rumorini multicolori e fanciulleschi portano di rimando a storie di folletti e fate (“I Have Walked This Body”), certi sottofondi drone e un lacerante noise (“I Have A Darkness”) fanno virare il tutto verso il marciume e sonorità decadenti (“Honey Dew”). Insomma: spiazzante. Piacerà ai molti amanti di Björk, a chi adora le lacrimevoli melodie gotiche/noir di David Tibet e – perché no? – perfino a chi tutt’ora continua la propria autoflagellazione mentale, cercando di rianimare un cuore secco e stanco, quando, invece, è cosciente di averlo disintegrato e spento da decenni (stiamo pensando al Camouflage Heart di Cindytalk).
Indipendentemente dal genere, negli ultimi anni ho scoperto di poter trovare più rilassatezza emotiva attraverso uscite discografiche provenienti dalla Scandinavia e dal Giappone, e per uno che non si è mai spinto più a nord di Amburgo e più a est di Ratisbona – per apprezzare la maestosità del Danubio – è una cosa assai curiosa. Non ho occhi a mandorla e non credo di avere origini vichinghe, dunque, chissà… forse è davvero arrivato il momento di spingersi oltre e capire le ragioni.
Tracklist
01. Droplets
02. Black Lake
03. Milk Pleasures
04. I Have Walked This Body
05. O Sun O Medusa
06. A Mirror In My Mouth
07. Thirst That Resembles Me
08. I Have A Darkness
09. A Sudden Swing
10. Honey Dew
11. Medusa
12. Running Down
13. House Of Bones
14. Dawn
15. The Black Lake Took