JAVIER GIROTTO TRIO, 6/7/2020

Reggio Emilia, Chiostri di San Pietro, nell’ambito del Festival Mundus.

Il tango dà un passato a chi non ce l’ha e un futuro a chi non lo spera.

Questa frase di Arturo Pérez-Reverte coglie lo spirito sensuale di un suono grondante dramma e mitologia; fantasmi, nebbie, amori (che sono stati di recente raccontati magnificamente dal porteño Melingo, il cui ultimo disco Oasis è un gioiello). Composizioni come mondi che raccontano storie circolari, sogni, partenze, nostalgie conficcate nel cuore come una lama, incubi intrisi d’amore, perdita, epopea, luoghi mitici ed iper reali dove respira l’aria della Buenos Aires più autentica e popolare, delle cattedrali del tango, dei ristoranti dove vanno ad abbuffarsi di carne i tassisti. Una musica perfetta per incontrarsi con il jazz, che è anch’esso (tra le altre cose) luogo di fantasmi; è questo che devono aver pensato Gerry Mulligan ed Astor Piazzolla, quando diedero vita, nel 1974, a Tango Nuevo. Javier Girotto, grande sassofonista già leader di Aires Tango, durante il concerto racconta come nell’ensemble dello storico album, registrato in Italia, ci fossero anche alla batteria un giovane Tullio De Piscopo, mentre la direzione degli archi toccava al nipote di Arturo Benedetti Michelangeli. Il sassofonista cordobense – trapiantato a Roma da anni – inaugura la venticinquesima edizione del Festival Mundus con il suo Tango Nuevo Revisited, dove reinterpreta in trio (Alessandro Gwis, pianoforte e tastiere), Gianni Iorio (bandoneon) proprio quei magici trentacinque minuti.

Nello splendido scenario dei Chiostri di San Pietro di Reggio Emilia si torna finalmente alla musica dal vivo; con timore ma anche con speranza. Il timbro inconfondibile, lirico e potente del sax baritono di Girotto si muove con maestria all’interno di musiche che sono state fondamentali per la sua crescita di ascoltatore prima e compositore poi. Molto spassosi e vividi gli aneddoti raccontati con sapienza e la voglia di chi finalmente può interagire col pubblico dopo mesi suonati davanti ad uno schermo: dagli accenni al proverbiale caratteraccio di Piazzolla alla folgorazione di Mulligan per Franca. Nel disco originale tutte i pezzi sono firmati da Piazzolla, solo uno da Mulligan; l’argentino sostenne infatti di non aver mai ricevuto i tre spartiti che l’americano gli aveva mandato. Girotto decide allora di accordare una piccola rivincita simbolica a quest’ultimo, proprio con il pezzo dedicato alla consorte. Il concerto è suonato con maestria e grande classe, il livello degli strumentisti è eccellente, forse – per il gusto di chi scrive – con un pizzico di didascalia di troppo, ma del resto di un omaggio si tratta, e se instillare languore negli ascoltatori era l’obiettivo, il risultato può dirsi pienamente ottenuto (al netto di alcune soluzioni timbriche alle tastiere che non convincono ma sono del tutto marginali nell’economia dello spettacolo). Sierra tus ojos y escucha: chiudi gli occhi ed ascolta, così si intitola uno dei pezzi, e il sassofonista argentino, già Aires Tango, ne approfitta per ricordarci l’importanza che può avere la semplice azione di ascoltare un disco stando davanti a un muro bianco, o appunto ad occhi chiusi, senza fare altro, come atto di resistenza al rincretinimento collettivo e come esercizio per coltivare l’immaginazione. E allora vengono in mente questi versi immortali di un altro grande cantore di questa musica di lusinghe e coltelli:

Il tango crea un torbido passato
ch’è irreale e in parte vero,
un assurdo ricordo d’esser morto
in duello, a un cantone del sobborgo.
(Jorge Luis Borges)

La rassegna prosegue tra le province di Reggio e Modena fino al 29 agosto, trovate il programma completo qui.