JARL, Case 1959 – Dyatlov
Erik Jarl è parte degli IRM, uno dei progetti più interessanti, anche concettualmente, usciti dalla Cold Meat Industry. Negli IRM la figura magnetica è Martin Bladh, un performer che si occupa dei testi e dell’artwork, un artista così estremo che quasi finisce per essere l’unico nome ricordato. Erik, che per il gruppo si occupa del suono, opera anche da solista e questo è il primo dei suoi lavori che ho la possibilità di ascoltare: adesso posso dire a ragion veduta che gli IRM sono/erano gli IRM – e non una ciofeca – in quanto combinazione perfetta di talenti. Case 1959 – Dyatlov è ispirato alla storia vera di un gruppo di sci-alpinisti sovietici, scomparsi durante una delle loro uscite e ritrovati massacrati intorno alla loro tenda. La loro morte è misteriosa e le persone hanno fantasticato sull’aggressione da parte di chissà quale mostro, tenuta ovviamente nascosta dalla dittatura, magari autrice di qualche terribile esperimento (mai visto il furbissimo “Leviathan” di George Pan Cosmatos?). Tolto questo contorno disturbante, l’album, un doppio cd, rimane sempre molto buono. Jarl, infatti, incastra pochi loop secondo un processo quasi minimalista à la Reich o à la Riley (specie “Aftermath”, che dura un’ora!), ma con la coloritura nera e disperante degli IRM. Non saprei aggiungere altro a questa descrizione, perché accade solo questo, ma ancora una volta less is more. Ciò che ne consegue, detto nella maniera più semplice possibile, è un percorso attraverso una nebbia fittissima, composta solo da angoscia. Da provare.