JARL, Amygdala Colours – Hemisphere Rotation
La cosa incredibile è che Erik Jarl sia ancora interessante. Con gli IRM (assieme a Martin Bladh) ha iniziato ben diciassette anni fa, nel 1999. Accanto a questo percorso c’è quello solista, il che vuol dire davvero molti dischi alle spalle. Amygdala Colours – Hemisphere Rotation è davvero convincente, forse più di Case 1959 – Dyatlov, uscito l’anno scorso sempre per Reverse Alignment. Qui è tutto ancora più semplice: una sola traccia, 55 minuti. L’approccio è minimalista: uno o due loop continui, altri che si sovrappongono, altri che svaniscono, in un gioco così ipnotico che cadere da una “ripetizione” all’altra è naturale quanto respirare. Le atmosfere? Quelle angosciose della Cold Meat Industry, ma asciutte: niente sangue, niente campane a morto o cori ecclesiali, solo colori freddi e grigio malessere. Non a caso, al mastering c’è Peter Andersson/Raison D’Être, ma Jarl cerca di portare il suono in luoghi in parte differenti da quelli in cui aveva messo radici l’ormai leggendaria etichetta svedese, come del resto già gli IRM provavano a fare. Agire sulla psiche di chi ascolta, in un contesto dark ambient, è tutto tranne che una novità, specie se si parla di andare a colpire l’amigdala, cioè quella parte del cervello che ci fa aver paura prima che la razionalità possa intervenire per comprendere se ce ne siano i motivi o meno, ma questo è quello sembra sul serio accadere durante l’ascolto. Era da un po’ di tempo che non scrivevo “less is more”: questa volta cedo, sperando che nessuno lo prenda come un cliché e vada a sentirsi il disco per capire che la frase fatta questa volta ci stava tutta.