Japanese New Music Festival, 23/10/2014

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Bologna, Locomotiv. Grazie a Michele Maglio per le bellissime foto.

Quando nel 2010 il Japanese New Music Festival toccò l’Italia con una data a Milano, ricordo che non ci andai e che per questo mi mangiai le mani. I tre nomi che componevano e compongono questo più che mai eclettico evento sono quelli di pietre miliari della musica psichedelica storica e contemporanea, membri della freak band psichedelica Acid Mothers Temple e del duo noise rock Ruins. Nonostante siano sempre in tour, e spesso in Italia, vederne i side-project è cosa molto più rara. In realtà, la sperimentazione con le formazioni sarà sì uno degli ingredienti dello spettacolo, ma non intesa come ricerca di suoni o tecniche, ma, all’opposto, come stravolgimento dell’idea stessa di sperimentazione. Gli otto progetti avranno come obiettivo quello di mischiare e soprattutto destrutturare ogni tipo di musica dal rock al tradizionale, con ovvi rimandi alla filosofia di Beefheart, Residents e Zappa, spesso riducendo il tutto a mera improvvisazione demenziale.

Fin dal titolo del tour, “Japanese New Music Festival”, si inizia a capire quali siano le intenzioni dei tre , manca la parola “psychedelic” e in effetti non c’entrerebbe, si vuole rappresentare la musica di un Paese fin troppo preso sul serio, visto come centro spirituale e composto, ma in realtà pieno di scoppiati, tanto che esiste il termine japanoise per etichettare la provenienza dell’harsh nipponico, garanzia di una particolare violenza sonora. In questo caso tutti gli stereotipi, la cultura e la musica giapponese vengono rielaborati in chiave nonsense, auto-distruttiva. Che si tratti di canzoni tradizionali storpiate ironicamente dagli Zoffy o di intricate suite a cappella degli Zubi Zuva X (progetto parallelo, e meno serio, degli Zubi Zuva, con Makoto al posto di Takahashi e uno degli unici set ai quali è possibile collegare un titolo ai pezzi, in questo caso “Bitavita” e “Zubi Zuva I”)  il concetto non cambia, siamo di fronte ad un (s)concerto totale, una presa di posizione anti-attitudinale nei confronti della musica. I primi tre set sono quelli un po’ più rappresentativi della linea classica adottata dai musicisti: Yoshida Tatsuya esegue dei pezzi di Ruins Alone, atterrato in Italia anche l’anno scorso, durante i quali rincorre le basi campionate, velocissime, con una batteria progressiva al maniacale. Kawabata Makoto (leader degli Acid Mothers Temple) rimane nello stile di Hosanna Mantra (suo album uscito per A Silent Place nel 2006) e riesce ad evocare quelle atmosfere orientali distensive e ipnotiche senza rinunciare all’acidità post-kraut della chitarra. Tsuyama Atsushi, bassista (ma non solo) degli Acid Mothers e mente del tour, fin da subito teatrizza iperbolicamente le sue tradizioni: con il suono del suo strumento imita il volo di un insetto, in modo da suggerirci un’immagine e giocare con essa. Quando i tre si incontrano per la prima volta negli Psyche Bugyo, nei quali Makoto e Atsushi si scambiano gli strumenti, si riscontra tutta l’impostazione scherzosa già adottata da Atsushi in precedenza, anche se la musica è ancora carica, una versione schematizzata di un classico gruppo psych, con giri di basso e batteria minimali sui quali una chitarra impazzita, alla Caspar Brötzmann, sclera le sue note. Ogni set dura non più di 20 minuti, abbastanza per renderne lo spirito intrinseco, col trio che a ogni cambio palco recita in coro “Welcome to the Japanese New Music Festival”. Sono gli Akaten a sfoderare le soluzioni più originali ed esilaranti: il duo Tsuyama/Yoshida suona le zip dei pantaloni, le forbici, degli spazzolini e termina con un ritmo badalamentiano creato dagli scatti di una macchina fotografica. Nel finale, però, un po’ tutti si lasciano andare: gli Acid Mothers Temple SWR, band creata anche per dare visualità al festival, invadono il Locomotiv con una violenta psichedelia in grande stile, del tutto riconducibile ad altre incarnazioni del progetto, lasciando allo spettatore un piccolo spazio dove viaggiare con la mente e ripercorrere l’assurdità di uno degli eventi più interessanti in Italia quest’anno.

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