JACCO GARDNER, 23/7/2014
Bologna, Vicolo Bolognetti.
Ha fatto abbastanza parlar di sé l’opera prima di Jacco Gardner (Cabinet Of Curiosities), nella quale si cerca – con successo – di riproporre generi che negli anni ’70 hanno reso celebre l’ideale psichedelico. Il giovane (1988) polistrumentista olandese ha scovato un buon compromesso fra le sonorità prog rock classiche – non le tecniche, solo le sonorità – e i timbri indie/pop che più funzionano in questo momento. La sua bravura a mio avviso è stata nel non distruggere del tutto il vecchio per rimontarlo con operazioni hipster – nelle quali Gardner non è ancora scivolato del tutto – che fin troppo rielaborano in modo insensato la musica, e stupefacente stasera è il modo in cui il suo album viene presentato dal vivo nel bellissimo cortile interno del Bolognetti. Poco dopo le dieci il gruppo è già sul palco: i componenti sono cinque e già il fatto che siano in molti fa piacere, visto che gruppi semi-esordienti spesso fanno tour con pochi musicisti e rischiano di non riuscire a reggere il gioco del disco dal vivo (vedi Forest Swords). Jacco Gardner, in tenuta vintage, si presenta al pubblico in modo umile e simpatico, nonostante la venue non sia proprio piena, anzi… Subito dalle prime note scaturiscono l’ottima resa vocale e la tridimensionalità fluida ed eterea del suono che ha reso famoso il disco, una componente di difficile riproduzione dal vivo, ma ancor più emozionante. I non troppi presenti seguono la musica e qualcuno riesce a farsi sfuggire un qualche sing-along che crea un’atmosfera intima e piacevole, accogliente. Jacco ci culla con “Clear The Air” e “Puppets Dancing”. Bellissima sia su registrazione sia dal vivo “Where Will You Go”, che con i suoi xilofoni calma e trasporta nei Campi Elisi. Ogni strumento utilizzato su disco viene riprodotto in modo fedele qui, come il clavicembalo o i flauti che vengono mischiati ai pesanti effetti psichedelici e fanno viaggiare i presenti nel mondo dei sogni raccontati da Gardner. I testi spesso non sono così felici e innocenti come può sembrare e rendono agrodolce l’effetto voluto à la King Crimson. Scambi con il pubblico non sono rari, inviti a bere e fumare, ringraziamenti e racconti del tour. Alla fine del concerto il pubblico entusiasta richiama la band sul palco, che ci saluta con altri tre pezzi.
Soddisfatto mi accingo all’uscita per tornare contento e pacato a casa, il concerto mi ha rilassato e messo di buon umore, sono proprio felice… e invece no, la serata finisce con noi del pubblico molto delusi e arrabbiati, e costretti dall’inerzia altrui a chiamare un’autoambulanza, che giunge a soccorrere un ragazzo ubriaco (di una ridicola sessantina di chili), che si è fatto male. Siamo in tanti ad aver assistito alla scena e abbiamo visto che non è caduto da solo con la faccia sul pavimento subito fuori dal Bolognetti. Dato che questo posto vorrebbe essere un circolo culturale (nel complesso ci sono una biblioteca, un centro di recupero per tossicodipendenti e moltissime iniziative culturali interessanti, tra le quali un tempo pure il Nuovo Cinema Inferno), l’episodio è ancora più grave. Mi dispiace dovermi dilungare così tanto su questo punto, ma penso che il dovere di noi fanzinari sia anche quello di denuncia di certi fatti a mio avviso incomprensibili. Lo staff del Bolognetti dovrebbe fare autocritica e mettere in discussione il proprio modo di gestire la sicurezza durante le serate.