J.T. IV, The Future
John Henry Timmis IV è passato alla storia per aver realizzato nel 1987 il film più lungo della storia, “The Cure For Insomnia”, della durata di ben oltre 87 ore, ma è stato soprattutto un musicista, già segnato in adolescenza da arresti per droga, furto e prostituzione, e in età adulta dalla diagnosi di disturbi mentali che lo facevano entrare e uscire da case di cura e cliniche.
Timmis è morto nel 2002 senza lasciare grandi tracce nella storia della musica, ma Drag City, sempre attenta al sottobosco culturale della propria città (Chicago), gli ha più volte dedicato pubblicazioni. Autore di una serie di 7” pollici negli anni Ottanta, che aveva etichettato con la definizione di “destructo rock”, era stato omaggiato dall’etichetta con la compilation Cosmic Lightning del 2009 di cui questa The Future è una sorta di seguito, un modo di gettare nuova luce su materiale finora inedito nel catalogo di Timmis. Si tratta della cassetta “The Best Of Johnny Zhivago Retrospective 1979-1983”, più altre quattro tracce sepolte dal tempo, per un totale di diciannove canzoni, di cui ben otto cover, che danno l’idea della visione musicale di Timmis: rock decadente e minimale, che paga il pegno ai padri putativi (Velvet Underground e Lou Reed), ma anche al glam (Mott The Hoople, Roxy Music), ai mostri sacri del pop (Kinks, Lee Hazlewood) e ibridi (Brian Eno, Stephen Sondheim). Nel complesso, si tratta di garage-folk lo-fi senza fronzoli che ben si sposa con l’estetica di Drag City: tre accordi e via, una chitarrozza elettrica sbrodola, mentre la sezione ritmica (a volte la sola drum machine) segue ostinata. Notevole il noise-rock di “If There’s Something”, la cover di “The Fat Lady Of Limbourg” di Eno e l’iniziale “Space Baby”. Niente di trascendentale, ci mancherebbe, ma Drag City aggiunge un altro prezioso tassello alla mappatura dei tanti freak d’America.