IRAN, Persis [+ il video di ‘Rekweem (Magnitogorsk remixed by Elio Martusciello)]
A poco meno di un anno dall’uscita di Aemilia, gli Iran chiamano a raccolta otto musicisti/compositori fra i più interessanti e anche prestigiosi del panorama nazionale affinché mettano le mani sul loro esordio, in quella che in via del tutto teorica dovrebbe essere una raccolta di remix ma che nei fatti suona come un secondo disco, che riflette tanto la bontà del materiale originario quanto e soprattutto l’ispirazione e la sensibilità dei nomi tirati in ballo, i quali da ospiti assurgono al ruolo di protagonisti. Il bellissimo artwork di Marco Appiotti da una parte restituisce un generico esotismo aggiornato sulle coordinate del metamodernismo, che acquista valore proprio per la sua vaghezza, dall’altra mette in guardia sul carattere labirintico del lavoro, un continuo moltiplicarsi dei piani di lettura che ne complica piacevolmente l’ascolto.
In alcune tracce non ci si allontana poi tanto dal punto di partenza: Ongon (Antonio Bertoni) apre le danze spiazzando l’ascoltatore con un loop che sa di punk-funk anni Zero, salvo poi tornare sulla via di “Qom” equipaggiato del suo guembri, mentre Simone Lalli derockifica “Xenopolis” in un remix tanto semplice quanto efficace e coinvolgente.
Altrove il risultato è notevolmente avulso dalla materia primigenia, in particolare nel caso dei due interventi più autorevoli sul disco, quelli provenienti dall’ambito accademico, Martusciello e Ceccarelli. Elio Martusciello nel maneggiare “Magnitogorsk” sembra voler riportare la creazione artistica a uno stadio zero, rigettarla in un liquido amniotico nero come la pece. Per qualche strano motivo mi ha richiamato alla mente la spiegazione che il nostro professore di storia dell’arte del liceo ci fece dei Prigioni di Michelangelo: quelle che a noi studentelli imberbi apparivano come opere non finite sarebbero la rappresentazione scultorea dell’atto stesso della creazione, di una tensione instauratasi fra l’artefice e la materia. Luigi Ceccarelli opera in maniera concettualmente analoga ma per molti altri versi opposta, mette in scena questa tensione in maniera più spavalda, azzanna “Regium Lepidi” e la fa a brandelli, indugiando sul dibattersi della preda, la rappresentazione di una scena meravigliosamente fuori possibilità di controllo. Troviamo poi i Vonneumann che forniscono un’altra versione di “Magnitogorsk”, questa però glitchatissima, quasi autechriana, Cristian Maddalena (E-cor Ensemble) che si sobbarca la traccia più lunga movimentandola con continui cambi di inquadratura, Claudio Rocchetti il quale spedisce in orbita Aral, complicandone le ritmiche pur senza coprire il sapore originario di krauti, Roberto Fega che fa franare “Bam” su sé stessa. Pubblicato sempre dagli americani di Aagoo, Persis merita senz’altro un posto nello scaffale, al fianco o meno, indifferentemente, del suo predecessore Aemilia.