Intervista a Stefano Pifferi, Kawamura Gun, Wildmen, Siamo Solo Noise Records, Dälek/Zu split 7”

Kawamura Gun

KAWAMURA GUN, Brutiful, (CS, Geograph Records)

Contatti: www.geographissues.blogspot.com // www.saatchionline.com/Kawamurino

Primavera del 2009, girando per le strade del quartiere romano Pigneto mi capitava spesso di vedere in giro un curioso personaggio dai tratti orientali e con lunghi capelli lisci e neri in perfetto stile Keiji Haino. Qualche settimana fa Antonio della Geograph Records mi invia un pacchetto con dentro il catalogo dell’etichetta e… bingo! Svelata l’identità del lungocrinito: Kawamura Gun. O almeno questo è il suo nome d’arte. Musicista, illustratore e video artist con domicilio romano, Gun nel 2012 dà alle stampe via Geograph questo delizioso nastro (ne esiste anche una versione in lp) che custodisce 40 minuti circa di gemme pop, che prendono per le corna la materia pop-folk anglofona altezza ‘60/’70 (The Turtles, The Troggs, Bowie, Marc Bolan/T.Rex…) declinandola secondo un approccio scanzonato e lo-fi il giusto, che riporta il tutto ai Novanta dei Pavement (a mio avviso, altra grande influenza per questo musicista). Per gli amanti delle suddette sonorità sarà un piacere passare un’ora scarsa con i ritornelli di Kawamura Gun. Sto girando e rigirando i lati di questo nastro oramai da diversi giorni.

WILDMEN, st, (CS, NO=FI Recordings)

Wildmen

Contatti: nofirecordings.blogspot.it // wildmenband.tumblr.com

Rimaniamo nella capitale e torniamo a parlare delle produzioni di casa NO=FI Recordings. Pubblicato nella scorsa primavera, il nastro in questione segna l’esordio sulla lunga distanza del duo romano Wildmen dopo uno split 7” insieme a Capputtini ‘I Lignu, uscito poco tempo fa su Shit Music For Shit People, che peraltro cura anche la versione in lp di questa tape. Undici tracce, meno di mezz’ora la durata complessiva. Dentro ci trovate tutto quello che ci si può lecitamente aspettare da due brutti ceffi che inforcano wayfarer neri e pestano come cavernicoli su batterie sfondate e chitarre di latta, sfregandosi le corde vocali su un microfono giocattolo: Johnny Cash, i gruppi ‘Nuggets’, Sonics, Jon Spencer con o senza esplosione blues, Kinks, Gun Club, Gories, Animals, certa wave twang-oriented alla Wall Of Voodoo, Demoliton Doll Rods, il Dylan di “Subterranean Homesick Blues”, Black Lips e garage-ame vario uscito durante l’ultimo lustro. Ma anche tanto, tanto altro. Segnalarvi un brano preciso non credo serva a tanto: prendere tutto in blocco, o lasciar perdere e continuare ad ascoltare i classici. Il vantaggio della prima scelta è che non vi servirà tirare fuori tutti quei dischi: i Wildmen ve li servono in piatto unico. I bene informati mi dicono che dal vivo si fanno piuttosto rispettare.

Intervista a Stefano Pifferi

Dal 2009, insieme ad Andrea Napoli, Stefano Pifferi cura per il sito SentireAscoltare la rubrica ‘Gimme Some Inches’, scrivendo di cassette, 7” e altri formati “strani”. Considerandola come una sorta di progenitrice di quella che leggete in questo momento, mi è sembrato quantomeno doveroso conoscere il punto di vista di Stefano su alcune questioni.

Per chi ancora non ti conoscesse, ti presenteresti brevemente?

Stefano Pifferi: (risate) “Per chi ancora non mi conoscesse”? Ma per chi mi hai preso, per una celebrità?

Ma sei una celebrità!

(risate) dai rispondo seriamente: mi chiamo Stefano Pifferi, sono un appassionato di musica e mi diletto a scrivere di musica su SA.

In che anno nasce la rubrica ‘Gimme Some Inches’, con quali obiettivi e prospettive?

In realtà nella vita faccio tutt’altro, perciò consideralo come un hobby.

Tipo?

Lavoro all’università. Sono un ricercatore e un po’ sta cosa si riflette anche nella passione per la musica, cercare gruppi sempre più sconosciuti, addentrarsi in lande poco percorse… ‘Gimmes’, come la chiamo io, nasce qualche anno fa, fine 2009, e nasce per un semplice motivo: sono sempre stato in fissa coi formati strani vinili piccoli, cassette, edizioni particolari… ne parlai con Andrea Napoli, che è l’altra metà di ‘Gimmes’, seppur ogni tanto sia troppo impegnato, e decidemmo di scrivere una sorta di rubrichetta agile in cui dare conto di una infinitesimale parte di ciò che esce ogni mese in forme strambe.

Se ne fa un gran parlare, specialmente negli ultimi tempi, ma credo valga la pena conoscere il parere di chi se ne occupa direttamente e in maniera approfondita: come vedi questo il ritorno di interesse, non solo a latitudini sotterranee e autoprodotte, nei confronti di un medium fonografico come la musicassetta?

Da una parte credo sia una sorta di mix tra la necessità di “risparmio economico” – cosa riscontrabile anche col cd-r, ovvio, ma con molto meno fascino – e quella di fornire oggetti anche da collezione… dico anche perché non è che dobbiamo stare in fissa col collezionismo, sia chiaro… soltanto credo che un mezzo come il nastro, in edizioni limitate e curate, possa esercitare un certo fascino per chi con le cassette c’è cresciuto. Dall’altro lato c’è una certa attenzione a quella categoria di non mi ricordo più esattamente come li definisca Anderson ne “La coda lunga”… dilettanti professionali o qualcosa del genere, che rinverdisce quella tradizione di circolazione della cassette che bene o male è stata la prima forma di file-sharing molto prima che il file-sharing venisse codificato se non inventato. Infine c’è il gusto per l’oggetto… cosa che secondo me sta anche alla base della rinascita dell’interesse per il vinile.

Se non sbaglio sei un frequentatore della famigerata “scena di Roma Est”, crocevia musicale e artistico sviluppatosi durante gli ultimi anni nel quartiere romano del Pigneto. Rimanendo in tema, l’insieme di collaborazioni, progetti ed etichette nato in quell’ambito, così come in altri contesti similari, come credi sia legato alla dimensione della cassetta e supporti “fuori standard”?

(risate) “Famigerata” è il termine esatto… non sono un grande frequentatore, dato che non sono romano, ma conosco bene o male tutti i protagonisti di quel “giro”. Credo che la coesione, nata non da chissà quale esoterica virtù ma semplicemente dal fatto di frequentare (luoghi, spazi, concerti) e frequentarsi, porti a confrontarsi e riflettere sul crearsi una nicchia di riferimento, non in termini utilitaristici, sia chiaro… però è innegabile che una serie di musiche off nate intorno a certi luoghi e certi personaggi necessiti, o meglio, abbia come evoluzione naturale, quella della cassetta o del 7 pollici, un po’ com’era un tempo nel giro hc, in cui il vinilino era obbligatorio… breve, veloce e insieme riconoscibile. Anche per i motivi di cui ti parlavo sopra, se andiamo a vedere, molte delle produzioni in cassetta o in qualche formato strano sono praticamente sold out… certo, si parla di numeri infinitesimali, ma diviene il giusto mezzo per la circolazione “fisica” di certe musiche. Non dimentichiamo che ci ritroviamo a vivere in una età di mezzo in cui il vecchio è morto e il nuovo stenta a nascere, per dirla in termini gramsciani. L’unico modo per far fronte alla smaterializzazione della musica e crearsi delle nicchie, inventarsi dei modi per far passare di mano in mano le musiche: la cassetta è uno di quei modi.

A proposito di nicchie, come vedi per tanto il recente ritorno alla pubblicazione di cassette da parte di etichette grosse, ad esempio la 4AD, e di robe tipo il “Cassette Store Day”? Regressione? Moda? Altro?

Stavo pensando proprio al “Cassette Store Day”. Mi verrebbe da dire moda, se non fosse che sarei lievemente incoerente, dato quello che ho detto fino ad adesso. Di sicuro è una “nuova”, per modo di dire, maniera di ritornare alla tangibilità un po’ naif, un po’ con la puzzetta sotto al naso (in senso buono) della musica. Cosa che, se ci pensi, è valida anche per tutti i vinili con download card, un ossimoro praticamente.

Attualmente in Italia quali sono secondo te le etichette che stanno portando avanti un discorso particolarmente interessante sotto l’aspetto produttivo? Con questo termine intendo packaging, artwork, musicisti coinvolti, metodi di distribuzione…

Mi vuoi far fare dei torti a qualcuno?

Ci mancherebbe! Spara tranquillamente.

Faccio solo un nome che conosci bene: Old Bicycle.

Grande Vasco!

Ma anche la Geograph, per rimanere a Roma, o la No=Fi di Toni Cutrone. Ma di nomi se ne potrebbero fare altri… ma tanto li conosciamo già tutti no?

Sì, diciamo che chi deve sapere sa… Ultima domanda: mi faresti una classifica dei cinque nastri più interessanti ascoltati durante il 2013?

Metti a dura prova la mia memoria…

Fai con comodo.

Calcutta su Geograph Records; Gianni Giublena Rosacroce su NO=FI; Polvere su Old Bicycle e in pratica tutto ciò che è uscito per Old Bicycle, incluse le ultime Eugenoise/The Lay Llamas e Soft Black Star & Zeno Gabaglio/Mike Cooper; Nodolby su Field Hymns. Aspè, ne aggiungo una: Giulio Aldinucci, Archipelago, su Other Electricities. Ottima musica, ottimo packaging.

KUUPUU/T.DETESTA, split, (CS, Siamo Solo Noise Records)
PASTA FISSAN, Ufo Sola Zombi, (CS, Siamo Solo Noise Records)
CRAXI DRIVER, Mangianastri e sputapalline, (CS, Siamo Solo Noise Records)
AA.VV., Onde radio dal suk di Porta Palazzo. Vol 1 (CD-r, Siamo Solo Noise Records)

Craxi Driver

Contatti: alessio50@autoproduzioni.net // siamosolonoiserecords.bandcamp.com

Rimaniamo in Italia, ma spostiamoci a nord, a Torino, per parlare dell’etichetta Siamo Solo Noise Records (primo premio assoluto assegnato d’ufficio per il miglior nome). Vi riporto il breve comunicato dalla pagina Bandcamp: produzioni ai confini della menta, quasi orzata, in prevalenza cassette e cd-r, volete il vostro disco in cassetta? Contattatemi. P.S.: solo robe laide, no hipsters o fighetti (che poi sono la stessa cosa). P.P.S.: mio nonno diceva: “a capa non l’aiuta”. Quindi, se rientrate nella macro categoria di cui sopra, magari è tempo di andarvi a fare un caffè e ritornare per leggere la prossima recensione. Oppure rimanete, che ce n’è anche per voi. Come avrete capito le produzioni SSN Records nascono realmente in contesti dove si razzola, oltre a predicare, l’autoproduzione più spinta e senza compromesso alcuno: cassette comprate alla Coop e riciclate decine di volte, info scritte a penna o incluse in piccoli collage fotocopiati, spillette e altri gadget allegati… insomma, ce n’è abbastanza per riportarci indietro fino agli anni Ottanta dei tape network e delle produzioni industrial più carbonare.

Il primo nastro è uno split fra Kuupuu, progetto dell’artista finlandese Jonna Karanka, e T.Detesta. Un lato ciascuno per 70 minuti complessivi di accartocciamenti sonori registrati live, che navigano a vista fra chincaglieria elettroacustica, loop sconnessi, voci captate a destra e a manca, chitarre in reverse e interferenze percussive che provano a condurre la danza. Tanta carne al fuoco, e anche di buona qualità.

Ufo Sola Zombi è invece il titolo della tape a nome Pasta Fissan, collettivo di improvvisatori le cui identità rimangono sconosciute ai più. Gli stessi la autodefiniscono “free non musica”, e dentro ci trovate dal fake-jazz agli espressionismi strumentali tipici dell’improvvisazione free-form, dal percussivismo tribaloide alla no-wave meno stridula e selvaggia. Rimango dell’idea che, se fosse uscito per Ecstatic Peace!, Sonic Youth Records o robe del genere, sarebbe di sicuro diventato un piccolo classico del genere, ascoltato da un sacco di hipster … o fighetti? Insomma avete capito. Io un ascolto attento lo darei a prescindere. Nel frattempo chiamo al telefono il mio caro amico Thurston.

Pasta Fissan

La terza cassetta speditami dal buon Alessio è Mangianastri E Sputapalline dei Craxi Driver. Anche in questo caso confezione supertrucida, collage in copertina, info scritte a mano e tanta (non)musica infarcita di siparietti improvvisati e strumenti utilizzati come oggetti da maltrattare. Tanti potrebbero essere i termini di paragone, almeno nelle intenzioni “creative”, ma in definitiva sembra di ascoltare una sorta di collage sonoro da dopolavoro noise/lo-fi/electro/out-rock. Così è (se vi pare).

È ancora Craxi Driver a curare la quarta uscita marchiata Siamo Solo Noise Records: onde radio dal suk di Porta Palazzo, Vol 1. Ecco quanto riportato sul retro copertina del cd-r: … immaginate Mario Merola ad una cerimonia Gnawa ripreso dai microfoni della versione foggiana di Harry Smith. E sarete ben lontani… Si tratta di una sorta di cartolina sonora del mercato (suk) di Porta Palazzo, a Torino, che raccoglie senza soluzione di continuità brani recuperati da vecchi nastri e stazioni radio nord-africane. L’effetto ‘kebab house’ è forte, allo stesso tempo però la selezione dei brani è davvero notevole (per ovvie ragioni non sono riportati gli autori). Per amanti delle uscite Sublime Frequencies e terzomondismi vari tanto in auge negli ultimi tempi.

Ten Years After

DÄLEK/ZU, split, (7”, Wallace Records, Psychotica Records, Topolin Edizioni)

DÄLEK/ZU

Contatti: www.wallacerecords.com

Registrato nel 2004 e stampato l’anno seguente dall’emerita Wallace Records – coadiuvata per l’occasione da Psychotica Records e dalla casa editrice Topolin Edizioni – questo 7 pollici testimonia la storica collaborazione fra il trio experimental hip-hop Dälek, dal New Jersey, e un altro trio, romano, fra i più amati e seguiti dell’ultimo decennio, gli Zu. Si vocifera pure che i sei, oltre a questi due remix, nello stesso periodo si siano chiusi in uno studio romano per registrare una manciata di tracce inedite mai date alle stampe. Speriamo nel futuro. Ma a dar vita a questo bellissimo pezzo di vinile del diametro di 7 pollici per 70 grammi di peso non furono soltanto i musicisti e le etichette sopra citate. Altro peso massimo coinvolto nel progetto fu il fumettista e illustratore spagnolo Miguel Ángel Martín, la cui mano ha partorito personaggi e storie entrati di diritto nella storia del fumetto più laterale e dissacrante: Psychopatia Sexualis, Brian the Brain e Cyber Freak. Per l’occasione Martín realizza una breve storia a fumetti di 8 pagine intitolata “Neurolab”, che costituiste il booklet del disco. I due gruppi si misurano con la classica formula ‘Vs’. Sul lato A partono i Dälek, alle prese con “Igneo Deadverse Remix”. Il brano originale del trio romano viene macerato con rumori e interferenze che lasciano comunque trapelare sia le fratture ritmiche che le bordate di sax; a legare il tuo un flow secco e perentorio. Sul lato B gli Zu, accompagnati dal turntablist romano Økapi, mettono invece mani e strumenti su “Spiritual Healing” rimescolando sapientemente le parti vocali e riportando il tutto ad una dimensione da breakbeat alieno che si chiude con una magnifica coda free. Delle 600 copie tirate in origine sembra non essere rimasta traccia (sito Wallace, Discogs, e-Bay…). Non vi resta che consolarvi con YouTube.

Neurolab

Neurolab

Neurolab