INSECT ARK, Marrow Hymns
Marrow Hymns è il primo album realizzato come duo dagli Insect Ark. Fino al 2015 e all’uscita di Portal/Well, infatti, questo è stato il progetto solista Dana Schechter (basso, lap steel, synth), alla quale poi si è unita Ashley Spungin (batteria, synth). Oltretutto esce per Profound Lore, etichetta da sempre attenta alle sonorità più interessanti e originali in seno alla scena metal e non solo, il che dà perfettamente la misura di come rappresenti un crocevia importante all’interno del panorama musicale di cui ci si occupa su queste pagine. In ultimo, le due musiciste sono state e sono tuttora coinvolte in alcuni progetti di cui avete spesso letto, compresi gli Gnaw di cui si è parlato non molto tempo fa in occasione dell’ultimo Cutting Pieces, per questo era impossibile non approfondire il discorso con tanto di intervista alla Schechter.
Questo preambolo non avrebbe alcun senso qualora non ci si trovasse di fronte a un lavoro all’altezza delle aspettative e in grado di confermare quanto di buono già ascoltato in passato. La realtà è che l’ingresso di Ashley Spungin sembra aver fatto compiere a Insect Ark il classico balzo in avanti, grazie ad un contributo fattivo sia dietro alla batteria, sia come co-pilota nell’utilizzo di synth e manipolazioni sonore che tanto incidono sul risultato finale. A fare da contraltare, troviamo una Schechter mai così padrona dei suoi strumenti a corda, si tratti del basso o della lap steel, qui vera protagonista della scena nel dare profondità e forma ad un suono complesso e completo, ricco di sfumature e al contempo potente nei momenti in cui l’incedere dei brani si fa monolitico e i vuoti vengono riempiti dalle vibrazioni del basso. Difficile descrivere lo stile di questo Marrow Hymns, svincolato da schemi di genere e capace di comunicare con l’ascoltatore anche in mancanza di parole. Se, difatti, a spaventarvi fosse l’assenza di un cantante, non possiamo che sottolineare come in casi simili la musica appaia perfettamente autonoma nel costruire un linguaggio autosufficiente e funzionale anche in assenza di una voce narrante. Al solito, l’umore è quello di un viaggio intimo, di un mettersi a nudo che porta in dono una forte componente emotiva, un pathos che permea ogni traccia e non può lasciare indifferente chi ne viene colpito, solo che questa volta si avverte più forte la voglia di aprirsi e condividere, o meglio risulta perfezionato il metodo per farlo, con un vocabolario più ricco e tanto complesso da costruire racconti completi e ricchi di dettagli. Insect Ark è cresciuto, non solo di numero, e ha saputo evolversi nel migliore dei modi possibili, soprattutto ha sfruttato in modo non banale il nuovo assetto a due, sia in fase compositiva che di esecuzione, tanto da sorprendere anche chi come il sottoscritto era già uscito incuriosito dall’ascolto dei lavori precedenti. Meglio di così non si poteva.