In giro coi Gottesmorder
Gottesmorder springtime tour
16.05.2013 – Svizzera – Wetzikon – Kulturfabrik
17.05.2013 Germania – Recklinghausen – Ajz w/ + JUNGBLUTH (DE) + RED APOLLO (DE) + MAZE OF MIND (DE)
18.05.2013 Germania – Hannover – Alerta Antifascista Deathfest w/ LIGHT BEARER (UK), MONACHUS (SE), DOWNFALL OF GAIA (DE), DEZAFRA RIDGE [DE] + RED APOLLO [DE]
Occasione decisamente ghiotta quella di aggregarsi ai Gottesmorder per tre loro date fra Svizzera e Germania, con gran finale al Deathfest organizzato ad Hannover dalla label Alerta Antifascista, soprattutto per la possibilità di rivivere le emozioni di un tour in prima persona e non da semplice osservatore esterno. Il fatto di condividere quest’avventura con un altro amico tra amici, come Max della Forever True Records (qui in veste di driver), rende il tutto ancora più simile ad una gita a base di ottima musica e zingarate, passioni condivise e voglia di incontrare persone cui si è legati sparse per il continente.
Del resto, la presenza del trio toscano al Deathfest ha anche un altro valore, quello di suggellare l’unione tra band e label, oltre che l’uscita – proprio per Alerta Antifascista – dello split che vede i Gottesmorder unirsi ai tedeschi Red Apollo. In fondo, per l’etichetta che celebra l’undicesima edizione del festival, hanno di recente visto al luce – in solitaria o in combutta con partner del calibro di Halo Of Flies e Moment Of Collapse – alcuni dei lavori più interessanti e significativi della scena estrema e postcore (nella sua accezione più vasta e contaminata possibile), come Morne, Momentum, Light Bearer, Masakari, Alpinist, Icos, Monachus, Downfall Of Gaia, Fall Of Efrafa, solo per citarne alcuni. Dal canto loro i Gottesmorder, di cui ci occuperemo a brevissimo in sede di recensione, propongono una miscela di postcore e black metal venata di crust e post-rock, sludge e talvolta da un approccio sperimentale (si veda la collaborazione con Riparbelli). Una formula sonora che rimarca la personalità dei musicisti coinvolti, ancora all’opera o attivi precedentemente in progetti e band quali Chambers, Nubilum, Litany Of Regrets, Magdalene, Violent Breakfast, Ile, Seicentodiciotto, oltre che la loro voglia di andare oltre stretti confini di genere o modelli oggi consolidati. Insomma, questo è un percorso che non nasce per caso e mostra appieno la ricchezza del pensare fuori dagli schemi preconfezionati che da sempre ne distingue gli autori.
Partenza, dunque, dall’Emilia, dove il sottoscritto ha appuntamento con Max, e puntata in Toscana per recuperare i membri dei Gottesmorder e macinare la prima tratta che ci condurrà a Wetzikon, poco distante da Zurigo, dove sostiamo presso la Kulturfabrik, una comune in vita da trent’anni e capace di ospitare fino a cinquanta residenti, con tanto di falegnameria, palestra di aikido e salone per le feste al suo interno, il tutto suddiviso tra abitazioni caratteristiche, folcloristici “wagon” e strutture più moderne. Niente male, davvero, soprattutto perché distante dal nostro concetto di centro sociale o locale da concerti. Accoglienza ai limiti della perfezione, cibo, bevute, cordialità e chiacchiere pre e post-concerto con chi gestisce il luogo. La serata, un giovedì, funge da ottima possibilità per scaldarsi e testare il set di fronte ad un pubblico non nutritissimo ma attento, con ottime reazioni e richieste di informazioni/materiale sonoro dopo l’esibizione che si tiene nella sala del bar, in cui faremo anche cena e abbondante colazione. I Gottesmorder sono in forma e si vede quanto ci tengano a queste date, non si risparmiano e sfruttano la situazione rilassata per mettere a punto la macchina. Nota di colore: alla data presenzierà anche un fan di vecchia data e amico dei toscani, giunto da Zurigo nonostante il contemporaneo concerto dei Black Flag, scelta di campo che sottolineerà con una punta di orgoglio.
Il secondo giorno si deve affrontare la tratta più lunga del percorso, seicento chilometri contraddistinti da tempo pazzo (pioggia, vento, squarci di sole…) e traffico da Ferragosto. Scopriremo solo alla sera che è in vista un ponte importante e molto sentito dai tedeschi, in pratica la classica occasione per riversarsi in strada e raggiungere mete amene lontane dalla città. Per noi significa solo nove ore di van a passo d’uomo e una discreta stanchezza, fortunatamente stemperata dallo spirito di cazzeggio totale che animerà il viaggio e lo renderà degno di essere vissuto anche nelle sue parti meno esaltanti.
L’arrivo a Recklinghausen, dove si suonerà insieme ai Red Apollo, band che con i Gottesmorder ha condiviso uno split in uscita a brevissimo su Alerta Antifascista e che ci ospiterà per la nottata prima della partenza tutti insieme alla volta del Deathfest. Ad aprire la serata sarà una giovanissima formazione locale (Maze Of Mind) fronteggiata da un’agguerrita singer, ma di cui possiamo gustarci solo la parte finale del set causa il già citato traffico da weekend lungo. Dopo l’interessante concerto a base di blackened-core – ricco di atmosfere dilatate e sludgy – dei Red Apollo, entrano in azione gli Jungbluth, cioè tre quarti degli Alpinist alle prese con un sound potente e ricco di personalità, che “pettina” i presenti e colpisce la nostra curiosità. Anche per loro un’uscita in vista (su Vendetta) e la stoffa di chi sa bene come muoversi e incanalare la propria energia. In particolare, impressiona l’operato del batterista, tanto minuto quanto incredibile nel suo stile funambolico a cavallo tra potenza e tecnica. Gran finale con i Gottesmorder, sempre più intensi e coinvolgenti: al solito setlist conciso ma ricco di pathos e ottima reazione del pubblico presente. Seconda data e secondo centro, sembra proprio che questo breve tour sia nato sotto i migliori auspici e l’attesa per il gran finale al festival cresce minuto dopo minuto. La serata terminerà a Dortmund in compagnia dei Red Apollo, per un fuori programma a base di chiacchiere e bevute presso un rock-pub frequentato da un’umanità varia (dal biker al metallaro e allo studente) prima del meritato riposo garantito dall’incredibile ospitalità dei compagni di split. Ennesima fugace dormita e abbondante colazione prima di ritirare gli strumenti lasciati presso il bunker della Seconda Guerra Mondiale, al cui interno sono state ricavate parecchie sale prove per le band locali, prima di salpare alla volta di Hannover.
Il viaggio si svolgerà senza intoppi e permetterà di raggiungere l’Indiego Gloksee senza troppa difficoltà. Qui ad attenderci a braccia aperte ci saranno parecchie vecchie conoscenze, da Timo dell’Alerta agli amici Light Bearer, dagli svedesi Monachusa a Peter della Moment Of Collapse Records (e chitarrista dei Downfall Of Gaia), senza lasciar fuori i Dezafra Ridge, con in testa uno dei frontman più istrionici e caratteristici dell’intero bill. Dopo qualche prova e un’esibizione con lettura di poesie beat dai toni surreali (peccato non conoscere il tedesco, perché la gente ride e sembra divertirsi), si parte con i Red Apollo, anche loro contagiati dal pubblico sempre più numeroso che va riempiendo il locale e dal condividere il palco con alcuni dei nomi di punta della scena di appartenenza. A seguire, appunto, Dezafra Ridge, che suonano praticamente al buio, con uno spot che dalla batteria illumina da dietro le movenze del cantante a rendere ancora più suggestivo un concerto quanto mai efficace. A loro volta, i Downfall Of Gaia non faticano troppo a prendere in mano l’audience e, in particolare, la sua fetta più giovane e agguerrita: si vede che sono rodati dal lungo tour appena terminato e caricati a molla dalla recente entrata nella scuderia Metal Blade. I Gottesmorder questa sera suonano senza risparmiare un briciolo di energia, si gettano su strumenti e microfoni con foga e intensità capaci di attrarre sotto il palco anche chi non li conosce e tenere in pugno i presenti fino alla sorpresa finale… Alex dei Light Bearer sale sul palco e si scambia con Michele un’occhiata che non ha bisogno di troppi sforzi per essere interpretata: qui non si tratta della solita ospitata, ma di un’amicizia e di una storia comune che finalmente prende forma nel condividere lo stesso palco. Chiusura coi fiocchi, non c’è che dire. Con gli svedesi Monachus la venue rimbomba di bassi e saturazione, si dilata e sembra auto-implodere tanta è la potenza scaricata da questi tre giganti barbuti. A tratti è palese l’influenza dei Neurosis e si perde un briciolo in personalità, ma i brani sono autentici macigni e le prime file appaiono completamente rapite dal vortice sonoro, antipasto perfetto per la portata che tutti sembrano aspettare, almeno a giudicare da felpe, maglie e toppe che inneggiano ai Light Bearer e al loro immaginario di riferimento.
Inutile nascondersi dietro una facciata di professionalità quanto mai fittizia, chi scrive adora la band inglese e viene ricambiato da un’esibizione ai massimi livelli, come ribadito anche da chi li ha visti in azione più volte e conosce bene il loro operato sul palco. I Light Bearer sembrano completamente immersi nell’atmosfera ricca di empatia e amicizia che ha delineato l’intera giornata, snocciolano i brani con maggiore presa e costruiscono un set che va avanti e indietro lungo il concept che ne unisce le release in studio. Il pit risponde cantando, muovendosi a tempo e applaudendo più e più volte, si avverte chiara l’emozione e la voglia di farsi trascinare all’interno delle vicende raccontate da Alex sul palco. Si confermano l’enorme comunicatività della band e la capacità di andare oltre i soliti generi e le solite soluzioni, per creare un blend assolutamente personale e privo di schemi. Del resto la preparazione dei musicisti si avverte in ogni sfumatura, compresa la scelta della scaletta e degli arrangiamenti messi a punto per seguire meglio la struttura di un’esibizione live rispetto ai dischi. Siamo alla conclusione, parte il brano che tutti attendono, quella “Prelapsus” dal crescendo irresistibile e perfetto per chiudere in piena catarsi. Uno alla volta salgono sul palco due terzi dei Monachus (chitarra e basso) e Michele dei Gottesmorder, si avvicinano ai microfoni e deflagra il coro cui tutta la sala risponde all’unisono. Il concerto raggiunge il climax e non si può pretendere di più da un’occasione perfetta, non si poteva davvero sperare che la nostra avventura si concludesse in modo migliore, andiamo a letto con un sorriso enorme e la consapevolezza di ripartire con un bagaglio pesante di emozioni e ricordi unici. Il giorno dopo Max dovrà tirare per quindici ore, affrontare traffico, imprevisti di rotta e cambi di tempo, ma nessuno se ne lamenterà perché l’occasione valeva davvero scomodità e stanchezza. Un grazie enorme ai miei compagni di viaggio per avermi voluto a bordo, nella speranza che prima o poi si possa fare il bis.