IMPURE WILHELMINA, Antidote
Ero molto curioso di ascoltare l’ultimo lavoro degli Impure Wilhelmina. Le nostre strade si erano incrociate una dozzina di anni fa, quando mi era capitato fra le mani il loro disco del 2008 Prayers And Arsons, ma la passione non era sbocciata: la proposta della band svizzera si era rivelata troppo eclettica per quel giovanotto che aveva da poco scoperto Neurosis, Isis e Cult Of Luna, ma non è mai troppo tardi per recuperare un rapporto.
Antidote è il punto di arrivo di un percorso cominciato nel 1996: dagli inizi sludge-doom – sulla scia dei conterranei Knut – gli Impure Wilhelmina hanno progressivamente arricchito il proprio sound con influenze eterogenee e concesso sempre più spazio alla componente melodica, impegnati nella caparbia ricerca di una sintesi tra la primitiva anima estrema e velleità meno conservatrici. Dopo venticinque anni di carriera (traguardo notevole per una band ancora oggi poco nota al di fuori del circuito underground) e qualche passo falso, pare che i quattro di Ginevra abbiano raggiunto il proprio Santo Graal.
Rispetto ai precedenti Black Honey e Radiation, dischi che pur non lesinando distorsioni pesanti appaiono un po’ troppo condizionati dalla volontà di ottenere un prodotto di facile ascolto, in Antidote le parole d’ordine sono equilibrio e coraggio. Gli Impure Wilhelmina non si sono fatti problemi nel recuperare le loro radici, riuscendo nel difficile compito di incastonare l’impronta hardcore-metal in dieci brani dal songwriting immediato ed accessibile anche ad un pubblico generalista.
Il singolo “Dismantling” e la travolgente “Vicious” sono l’emblema del successo di questa operazione, grazie alla combinazione di ritornelli accattivanti e muscolari escursioni nel metal estremo. Canzoni come “Solitude”, “Midlife Hollow” e “Umpredicted Sky”, invece, ci trascinano in un mondo di atmosfere decadenti, anche se il cantato pulito di Schindl (adesso convincente alla voce) e le dinamiche linee di basso sembrano invitare l’ascoltatore a reagire di fronte alle difficoltà della vita. Non è difficile cogliere l’eco degli ultimi Katatonia (“Gravel” e “Torrent”) accanto a suggestioni progressive/post-metal di matrice The Ocean; bisogna però ammettere che i vari elementi vengono miscelati con squisita personalità.
Mi piace pensare che il messaggio insito anche nei passaggi più brutali di Antidote sia la necessità di non lasciarsi sopraffare dagli eventi avversi, un’esortazione nient’affatto banale in un periodo caratterizzato dalla frenetica ricerca di antidoti in campo medico, economico e sociale. Forse non basteranno gli Impure Wilhelmina per riportare l’equilibrio nelle nostre vite, ma la tenacia e la passione con cui mandano avanti il loro progetto è sicuramente un esempio per coloro che tra mille ostacoli cercano ancora di produrre musica di qualità.