IMPLORE, Depopulation
Chi non si è perso nemmeno uno dei live report dell’Obscene Extreme usciti su questo sito si ricorderà del gruppo che aprì l’edizione del 2014: gli Implore. Il trio tedesco era riuscito a suonare al festival grind più prestigioso di sempre grazie a un fortunato tour con gli ACxDC, il quartetto powerviolence americano che negli ultimi tempi non è più ricordato solo per il nome preso in prestito dagli eroi dell’hard rock made in Australia (dato che è una delle formazioni più amate e richieste nel suo ambito). I tre di Amburgo hanno avuto da subito una buona notorietà anche grazie al loro primo 7”, Black Knell, pubblicato da Power It Up: un ep di discreta fattura, che però, uscendo per un’etichetta così importante per il genere, non poteva essere facilmente ignorato. Questo Depopulation è un ulteriore passo fortunato nella loro carriera: questa volta l’editore è la Pelagic Records, di proprietà di Robin Staps (fondatore dei The Ocean), che tra le sue fila comprende quasi tutti i nomi più noti del giro post-core/post-metal (Cult Of Luna, God Is An Astronaut, Zatokrev, Mono… oltre agli stessi The Ocean). Gli Implore, proponendo un grind moderno, non sono distanti così tanti anni luce da quelle band là (altrimenti non sarebbero finiti proprio in mezzo a quel giro). Se live risultano un po’ banali, su disco hanno invece qualcosa d’interessante, ribaltando il paradigma “in studio no/dal vivo sì”. L’abuso del pedale per chitarra HM 2 della boss, che crea il suono tipico degli Entombed e di tutto il death svedese prima dell’avvento della scuola di Göteborg, qui non risulta così fastidioso. Difatti molte band vanno persino oltre l’abuso, servendosene per coprire i loro riff mediocri, già ulteriormente sepolti con bordate di blastbeat iper-triggerati, mentre gli Implore lo sfruttano al meglio, come emerge dall’opener “Epycite Parasite” o anche da “Hegelian Dialectic”. La componente migliore del loro sound sono proprio le influenze death metal, che rendono il songwriting più dinamico rispetto alla media delle formazioni che riprendono la componente moderna del genere. Il cantato non è male, ma è un po’ piatto e alla lunga stanca.
Depopulation non è quindi nient’altro che un disco carino, di un gruppo discreto ma con delle idee interessanti, che per ora lo salvano dal marasma di certe nefandezze prodotte negli ultimi anni. Se siete dei fan di Rotten Sound, Afgrund, The Arson Project e soci potreste apprezzare un album come questo (e non poco), tutti gli altri possono anche passare avanti.
A oggi l’album è in streaming dai nostri amici di Cvlt Nation.