IMMORTAL BIRD, Thrive On Neglect
Faccio un attimo le presentazioni, non cambiate canale: i quattro Immortal Bird sono di Chicago, alle spalle hanno un altro album (Empress/Abscess del 2015) e un ep (Akrasia del 2013) e sono una di quelle band estreme che non ti lasciano mai capire cosa sta facendo.
Copertina goyana, Thrive On Neglect è uscito da poco per 20 Buck Spin: sette pezzoni che cambiano di continuo traiettoria e passo, seguendo una mentalità più grind che prog, con sopra la voce di Rae Amitay, scorticante e rabbiosa. Le strutture sono piuttosto cerebrali: ci sono tante sezioni in un solo brano e alcune di queste sono in qualche modo portanti, dato che il gruppo riprende a suonarle tra una deviazione improvvisa e l’altra, che spesso consiste semplicemente nel buttarsi in dei precipizi alla velocità del black metal e del grind, per poi dare il tempo all’ascoltatore di rialzarsi per rimetterlo sul binario principale, questo con rallentamenti death/doom o brevi raccordi solo strumentali.
L’album non annoia, la complessità non è mai respingente, perché anche chi entra nel mondo degli Immortal Bird solo per fare a botte, trova sempre qualcuno pronto a spaccargli la faccia: si apre con un provocatorio “argue with me” in “Anger Breeds Contempt”, che in brevissimo tempo mette in mostra tutti i generi che la band padroneggia, si arriva a metà con “Avolition” (uno dei più nominati in rete che, tra le altre cose, azzecca uno dei migliori riff black metal sentiti di recente, roba da primi Satyricon) e si chiude con “Stumbling Toward Catharsis”, che si differenzia dal resto per una maggiore attenzione alle atmosfere, ma che allo stesso tempo ospita un paio dei frangenti più d’impatto di tutto il disco. Capitolo a parte meriterebbero i testi di Amitay, in apparenza incentrati su quelle che oggi qualcuno chiamerebbe “relazioni tossiche”.
20 Buck Spin non sbaglia mai.