Il terrore interno di Holy Similaun e Archipel
Grazie alla mediazione di Marco Marmo di Koolhas approfitto di Holy Similaun e di Micol Belletti aka Archipel per entrare più in profondità nel misterioso Radicor Al Flort, Espert On’ill Il Erb, Aor Raetia.
Vi scrivo sull’onda dell’ascolto di Radicor Al Flort, Espert On’ill Il Erb, Aor Raetia. Non propriamente come intervista post-ascolto, bensì come ricerca di chiave e di storia. Mi spiego: è la prima produzione di Holy Similaun che ascolto e vorrei capire alcuni degli elementi che la compongono. Il progetto nasce come espressione solista di Holy Similaun ma mi sembra di capire che in questo nuovo album la presenza di Archipel, così come quella di rouge-ah e di Giovanni Lami, sia molto importante. Come sono state scelte queste collaborazioni e secondo quali visioni?
Holy Similaun: Così come la collaborazione con Micol (di conseguenza anche quella con Giovanni Lami, in voce di fonico/tecnico di registrazione, già presente anche nel mio precedente disco a cui Micol ha collaborato), quella con rouge-ah è nata per il semplice motivo che sono persone e artiste di cui apprezzo molto i propri lavori e hanno una assonanza/affinità con il mio “pensiero” (idea?), pur avendo output diversi, che sia per il contenuto sonico o per il mezzo utilizzato (vedi la parte visiva di Micol).
Un bonus è anche conoscere di persona le persone con cui collaboro. Con Micol è così da un bel po’ di anni (penso ormai cinque, se non anche di più onestamente), con rouge-ah invece è un rapporto più fugace, ci siamo conosciuti nel 2021 in Slovenia durante un festival in cui suonavamo entrambi ma in giornate diverse e da quella volta lì siamo rimasti in contatto.
I loro contributi hanno avuto proprio la funzione di enfatizzare, in questo caso, un forte senso di distacco tra lucidità e disperazione (magari non la parola migliore, ma disperazione nel senso di totale distacco dalla realtà e tutto ciò che ti sta attorno. Non per citare “Midsommar”, ma quel tipo di terrore interno, meno psichedelico però) e secondo me sono riuscite benissimo in ciò. Le voci ed i testi (oltre all’artwork) di Micol, che stanno tra l’infantile e primordiale (infantile per intendere la tecnica di scrittura e lettura semi-gabberish), sommate agli arpeggi caotici di rouge-ah, vanno a sottolineare uno stato di confusione, destabilizzazione, smarrimento, con ricordi flash della propria infanzia che ritornano in modalità non-lineari, scomposte.
Inoltre ho lasciato pochissime linee guida perché voglio sempre che ci sia una libertà totale di movimento, anche perché la composizione, tra la bozza iniziale e la versione poi finale si adatta e modella in continuazione (tramite feedback positivi) piuttosto che seguendo un pattern tipo “ho fatto questo, tu fai questa cosa, tu fai quell’altra e poi si somma tutto”.
Come dicevo precedentemente, con Micol ho già lavorato in passato, ma questa volta la collaborazione è stata concepita proprio dal momento zero del progetto. Marco Marmo, dopo aver sentito Arcaskathel mi/ci ha “commissionato” (molto brutta come parola) questo disco. Ovviamente la scrittura è stata naturale e per nulla forzata, anzi è stata quasi un’occasione per poter rivedere Arcaskathel a mente fredda e poterne espandere la “lore” con occhi e orecchie nuove.
P.S.: “Midsommar” assolutamente non è un qualcosa che abbiamo considerato come punto di riferimento, anzi… io ne ho apprezzato l’idea, i costumi, sceneggiatura, ma la messa in scena big nope.
Micol: Il margine imposto è effettivamente stato nullo, ho avuto totale autonomia nello scegliere cosa e come scrivere, tanto che in realtà il progetto, come ha precisato Holy Similaun, è stato pensato insieme dal punto zero. Pertanto per la scrittura del testo mi è stata data carta bianca, come in parte fu anche per Arcaskathel. Stessa storia per l’utilizzo della voce e l’artwork, che comprende tra l’altro la creazione di un font apposito, a cui – questa è per i più attenti – avevamo accennato anche nel disco precedente. Penso che per l’utilizzo di certi oggetti (intesi proprio come blocco a sé stante e non come elemento) artistici come il mio sia binaria la scelta del margine d’autonomia: o vi è o non vi è. O si utilizza e si vuole, quell’oggetto in quanto tale e per quel che è, o quell’oggetto non potrà partecipare. Su questo io e Holy Similaunsiamo sempre stati piuttosto coerenti e il risultato è tangibile, credo. La lingua utilizzata è un mio svarione (passatemi il termine) inventato ormai 4 anni fa e che ancora non ha un nome. Nato in seguito alla necessità di esprimere parole, sinestesie e sensazioni anche nettamente muscolari che nell’immediato non ero capace di esprimere usando ciò che in quel dato momento mi veniva in mente.
Qual è l’ambientazione di questo disco? Un viaggio oppure un’esperienza stanziale?
Holy Similaun: L’ambientazione, secondo me, è un non luogo, nel senso che non è un disco localizzabile, potrebbe essere tranquillamente un misto di ricordi d’infanzia e la propria camera da letto, così come altre 1000 ambientazioni, spetta a chi lo ascolta evocare dei ricordi (ambientazioni, colori, odori, gusti…). Non sono fan del concetto di “viaggione”, anzi… secondo me questo disco, così come il lavoro precedente, è qualcosa da ascoltare per farti fermare l’immaginazione. Secondo me questo è un disco “terrificante”, ma non per la violenza sonora in sé, ma per lo stato di destabilizzazione che, almeno a me, lascia e dovrebbe lasciarti, quindi 0% viaggio 100% esperienza.
Micol: Su questo concordo pienamente con Holy Similaun, il luogo dell’album è sicuramente variabile ma anche preciso: l’intimo, che è tra l’altro un luogo terrificante, se si vuole. In questo caso, per quanto mi riguarda, l’intimo terrificante che associo al disco è anche lo spazio/luogo che ha visto nascere le scritture e le immagini utilizzate al suo interno, coerenza per la quale io e Holy Similaun ci siamo trovati a collaborare. Questo spazio/luogo era un sito – under-empty-hill.com, che ora non esiste più – che tenevo su per coadiuvare tutte quelle sensazioni e possibilità sensoriali che proprio anche Alberto spiegava. L’onirico e il distacco, la sospensione.
Qual è il significato di Radicor Al Flort, Espert On’ill Il Erb, Aor Raetia?
Holy Similaun: Per il vero e proprio significato lascio a Micol, posso dire che era un passo presente nei testi ed è stato scelto sia per come suonava, sia per l’immaginario che creava: in una sola frase passi da un qualcosa di più naturale, un parco, un bosco (radicor al flort, espert) a un momento di confusione, come se fosse una richiesta (on’ill il erb, aor Raetia). Poi c’è un mini-inside joke: entrambi siamo fan dello screamo e il “Raetia” (da leggere raezia) è un misto tra Raein e Saetia, due dei nostri gruppi preferiti.
Micol: Il significato del titolo, che è un segmento dei testi, a dire il vero è assimilabile al discorso del luogo; anzi forse il significato è proprio da ricercare nel luogo che assume, nella sua sospensione onirica e non in una parafrasi netta (nonostante, comunque, da un quasi due anni io stia tentando di costruire un vero e proprio schema grammaticale e di vocaboli traducibili). Ma rimanendo più nel reale, il significato di questi scritti non è al 100% chiaro nemmeno a me, il linguaggio che uso è come dicevo pura necessità, alla fine, sensoriale e d’esperienza che non sono così curiosa di indagare razionalmente. Esperienze comunque simili a quelle della poesia asemica o della poesia in generale.
Secondo voi questo è un disco da ascoltare ad occhi aperti o chiusi?
Holy Similaun: Secondo me è un disco da ascoltare a occhi aperti, possibilmente sbarrati.
Micol: Non per il meme… ma secondo me l’ottimale sarebbe proprio esser ciechi dalla nascita per rendere al meglio l’ascolto.