Il Quadro Di Troisi: questo dinamico equilibrio [+ il lancio del video di “Sfere Di Qi”]
In numerosi «tra» si trova il progetto Il Quadro Di Troisi. Tra la techno e il pop, tra l’Italia e la Germania, tra le radici musicali del passato e la ricerca del nuovo, tra la tradizione europea e i richiami orientali e, soprattutto, tra il percorso di dj e producer di Donato Dozzy e quello autoriale di Eva Geist (rispettivamente, all’anagrafe, Donato Scaramuzzi e Andrea Noce). È proprio nel «mezzo», scriveva Deleuze, che nasce il ritmo: nello spazio che intercorre tra due entità, nell’accordo non predeterminato e non regolare che si crea. Il primo album de Il Quadro Di Troisi è uscito ad ottobre dello scorso anno e da allora è circolato in ambienti diversi, non solo tra gli amanti dell’elettronica. La natura sofisticata, intima ed elegante del disco ha saputo conquistare più orecchie e la ristampa del vinile è arrivata con disinvoltura. Uscito dal bozzolo durante le chiusure pandemiche, quest’estate il duo ha affrontato la prova del live e il battesimo non poteva che avvenire a Villa Arconati dove si svolge il festival Terraforma, il quale ha avuto un ruolo importante nel far scoprire al mondo questo nuovo percorso. Il video di “Sfere Di Qi”, diretto da Michele Catalano e Pierluca Zanda (148 Produzioni Audiovisive) colpisce per l’utilizzo del sensore Lidar che permette avanguardisticamente di scannerizzare un ambiente misurando la distanza tra gli oggetti dandole un colore, una qualità quindi che viene dal vuoto piuttosto che dal pieno, ancora una volta da ciò che è nel mezzo. La canzone ha un valore particolare perché, come ci ha raccontato Dozzy, «traspare un’impostazione meditativa in maniera netta, grazie ad alcuni riferimenti a ciò che Andrea vive quotidianamente».
Come vi ha messo alla prova Il Quadro Di Troisi rispetto ai vostri progetti precedenti?
Donato Dozzy: L’esperienza fatta con Andrea nel mio caso ha significato varcare un limite, mi ha portato in un territorio ancora inesplorato. Precedentemente avevo avuto un solo progetto in cui c’era una cantante, Anna Caragnano, ma lì la voce era un vero e proprio strumento. Qui invece stiamo parlando di canzoni con dei testi e un’interpretazione importante da parte di Andrea. Rappresenta per me un po’ un punto di arrivo del percorso iniziato tanti anni fa.
Eva Geist: È stata una sfida per tutti quelli che hanno partecipato alla realizzazione di questo disco, perché hanno avuto a che fare con qualcosa di diverso. L’etichetta Raster non aveva mai prodotto un disco “pop” di questo tipo. Tutti abbiamo fatto un piccolo sforzo di adattamento, entrando nell’ottica che fosse un lavoro collettivo: io e Donato siamo solo la punta dell’iceberg, ci sono tante persone dietro le quinte. Credo che alla fine abbiamo dato vita a qualcosa di nuovo, non prettamente pop né techno ma trasversale, che richiede un po’ di elasticità mentale.
Avete voglia di raccontare questo processo di registrazione corale, tra Roma e Berlino, durato due anni?
Eva Geist: Quando abbiamo composto il primo pezzo, “Non Ricordi”, Donato ha pensato di coinvolgere Pietro Micioni, un grande produttore di dischi pop oltre che padre della disco music insieme al fratello Paolo. Pietro si è innamorato della proposta ed è salito a bordo in tutto e per tutto, infatti è co-autore di diversi pezzi. Donato poi ha contattato tanti suoi amici musicisti che hanno mandato numerosi take e registrazioni.
Donato Dozzy: Vorrei menzionare Stefano Di Trapani, perché è l’unico caso in cui qualcun altro abbia scritto un brano intero dell’album, ovverosia “L’Ipotesi”.
La vostra musica è sempre stata meditativa, ma in questo progetto lo è in maniera particolare, anche in riferimento ai testi composti da Eva.
Eva Geist: Io credo che la creazione artistica sia spesso il risultato di qualcosa che viene intercettato. È come se gli artisti fossero delle antenne che captano dei segnali. L’incontro con Donato e il suo modo di comporre la musica hanno determinato la situazione perfetta affinché io mi sintonizzassi con questi elementi e scrivessi questo tipo di testi, che non sono altro che un racconto poetico del mio stato d’animo, delle mie visioni e dei miei sogni. È come se avessi raggiunto uno stato di percezione diversa e l’avessi restituito nei testi. Io ho spesso citato E Già, il disco di Battisti, una fonte di ispirazione che credo si avvicini al mio stile di scrittura. Quello per me è un album amuleto, che illumina, che fa cogliere degli aspetti a livello spirituale. Non è semplicissimo per me parlare di tutto questo…
Donato Dozzy: Andrea si è trovata dentro il vortice creativo, non è in una posizione facilissima per fare una disamina del processo che lei stessa ha vissuto. Credo sia uscito qualcosa di veramente puro dall’anima di Andrea, di onesto.
Eva Geist: Pratico la meditazione, faccio yoga da anni e ho iniziato a praticare il Qi Gong all’interno di un percorso di consapevolezza. Ho sentito il bisogno ad un livello non solo personale ma anche collettivo di parlare di questi argomenti, trascrivendoli in una forma poetica e astratta. La vera soddisfazione è stata vedere che tante persone lo hanno compreso. Seguendo la lezione di Battiato, ovverosia quella di cercare di capire che cos’è il suono. Perché la musica non è soltanto un hobby o un intrattenimento, è anche questo, ma il suono è molto più radicale e profondo, può veramente fare molto.
Trovo che anche nei vostri progetti solisti ci sia questo aspetto difficile da definire, il fatto che la musica non arrivi alla testa ma da qualche altra parte.
Eva Geist: Esatto, non arriva alla testa, arriva a qualcosa che sta dietro alla testa. Si può definire in tanti modi: anima, coscienza. Il suono più delle altre arti ha la capacità di toccare i nostri punti di affezione, arriva direttamente alle emozioni senza passare per l’intellettualizzazione. Il suono ti colpisce nel petto e nello stomaco, è un canale di trasmissione molto potente e diretto.
Tornando al processo di produzione del disco, il vostro è un esempio di come dall’estero si possa supportare la musica italiana. Che tipo di sguardo avete trovato sulla nostra tradizione musicale?
Donato Dozzy: Abbiamo trovato più comprensione all’estero. I tedeschi hanno capito in pieno i riferimenti, le radici e la potenzialità del lavoro. Questo ci pone in una situazione strana, perché entriamo con un disco italiano sul mercato italiano ma dall’estero. Per certi versi è un po’ quello che è accaduto a me e Andrea con le nostre carriere nel loro complesso.
Eva Geist: È anche vero che questo disco ha un taglio molto kraut per essere un disco pop, ci sono molte ripetizioni e non cambi armonici. Da noi sono stati fatti tanti paragoni con la musica degli anni Ottanta, mentre un’etichetta come Raster, che produce musica elettronica e d’avanguardia, ne ha colto le potenzialità innovative.
Donato Dozzy: Il riferimento agli anni Ottanta, c’è ma nel senso di mettere le radici al loro posto, da lì inizia tutto uno sviluppo per cui sarebbe veramente fuorviante considerarla un’operazione nostalgica.
Eva Geist: Forse va rinnovato il concetto di nostalgia. Anche la musica che compongo da solista viene definita nostalgica, ed è giusto perché la nostalgia rappresenta un’estetica che abbraccio in pieno. Sin da ragazza non riuscivo a trovare riferimenti nella musica contemporanea, ho sempre ascolto quella del passato. Un discorso di innovazione deve essere radicato, bisogna conoscere la storia, aver assimilato quello che c’è già stato per poterlo trasformare. Io trovo che alcuni generi che vanno molto tra le giovani generazioni, nonostante tutta l’eccitazione per il modernismo, siano molto sradicati. Non sento alcun background e questo rende il tutto molto vacuo e fine a se stesso.
Avete piani per future registrazioni?
Eva Geist: È assolutamente sbagliato fare qualsiasi tipo di pianificazione, io sto cercando di eliminare il futuro come tempo verbale. Cerco di essere nel qui e ora.