I dischi di Neu Radio: dal punk alla NWOBEJ

Le scelte di settembre e di ottobre degli amici di Neu Radio.

Gabriele Savioli – Poptones

X – Smoke & Fiction (Fat Possum)

Gli X hanno annunciato il ritiro dalle scene. Lo celebrano nella miglior maniera possibile con questo grandissimo album, Smoke&Fiction, poco più di trenta minuti di una potenza e tenerezza unici. L’album, il secondo dal ritorno sulle scene 4 anni fa con Alphabetland, è un compendio di tutto il buono che la band ha espresso durante la sua lunga carriera. Gli X furono quelli che che meglio di chiunque altro – alla fine degli anni ’70 – cantarono la Los Angeles più sporca, cattiva, disperata: in una parola la Los Angeles vera, lontana anni luce dai riflettori di Beverly e Hollywood Hills. Sono coloro che per primi riuscirono a coniugare la furia del punk rock con la musica tradizionale americana: country e rock’n’roll su tutto. Cala quindi il sipario su una delle band più importanti della cultura underground degli ultimi 40 anni, un finale migliore era difficile
immaginarselo.

Laura Marongiu – Solaris

Civilistjävel!- Brödföda (FELT)

Civilistjävel! è il moniker del producer, compositore e DJ svedese Tomas Bodén. Alle spalle ha una serie di album self-released, un approdo nella compianta Low Company e un altro lavoro su FELT. Le sue sono composizioni che sfuggono gli inquadramenti tradizionali, muovendosi tra il minimalismo, l’ambient, la techno dub e il field recording. In questo ultimo doppio album Bodén ci propone ascolti atmosferici, echi casalinghi, riverberi ambient e preziose collaborazioni con una serie di cantanti e artisti (Laila Sakini, Mayssa Jallad, Thommy Wahlström, ELDON e Withdrawn) che hanno arricchito le texture sonore con le loro voci.

Andrea Moretti – Paradisco

Elkka – Prism of Pleasure (Ninja Tune)

Elkka (con due K) pubblica per la cult label Ninja Tune il suo debut album Prism of Pleasure. Elkka è una gallese attiva nei movimenti LGBTQ+ che lancia una bella bombetta house con sonorità contemporanee. Contemporanee sono anche le citazioni di famosi brani del passato di artisti come i First Choice o i Tears for Fears ma perfettamente inserite in pulsazioni per niente nostalgiche. La produzione è futuristica, con accenni di UK-garage e di trance, sempre mantenendo una bella cassa dritta senza eccedere troppo in velocità, anzi, a volte ci si rotola in questo lettone morbido e sensuale. La particolarità di questo album è che le line vocali, senza plagiare esplicitamente alcuni brani del passato, aprono i cassetti della memoria della musica dance degli ultimi 30 anni.

Prism of pleasure è un piacere anche da guardare, visto che la copertina brilla arcobaleno controluce e ci sono delle gigantesche labbra al centro del disco in vinile che, in corrispondenza del buco per il piatto giocano ambiguamente… mandandoti in estasi… in tutti i sensi. Nuovo ma anche familiare. Come si dice nella lingua dell’élite: accattatevill’…

Laurent Fintoni – All Tomorrow’s Archives

Martyn – Through Lines

Questa compilation di brani tratti dal catalogo del produttore/DJ olandese Martyn è una bella finestra su un periodo speciale della musica dance, sia storicamente che personalmente. Quel periodo va da i primi anni del 2000 fino ai primi del 2010, quando i confini tra generi come drum & bass, house, techno, broken beat, garage, grime e dubstep sono diventati sempre più porosi, finché non si è cominciato a parlare genericamente di bass music. In quel periodo è stata realizzata molta musica speciale, accanto a molte night clubs speciali, e Martyn ha sicuramente catturato lo spirito dell’epoca con il suo remix Broken Heart di TRG o il melancholic roller di Vancouver. Come per Martyn, quel periodo della mia vita ha comportato anche spostamenti dal mondo della drum & bass e dell’hip-hop verso suoni più nuovi come la dubstep ma anche i classici della house e della techno e quindi questa compilation è per me come una bella passeggiata lungo il viale dei ricordi, ma per chi non conosce Martyn o questo periodo è anche una bella introduzione e via di entrata.

Enzo Baruffaldi – “Memoria polaroid” – un blog alla radio

Chinese American Bear – “Wah!!!” (Moshi Moshi Music)

A quanto pare, WAH! in cinese corrisponde al nostro WOW! e si usa esattamente allo stesso modo. WAH!!! è anche il titolo che i Chinese American Bear hanno dato al loro secondo album, scelta quanto mai appropriata per questa caleidoscopica raccolta di canzoni allegramente ed esageratamente sopra le righe.
I Chinese American Bear sono un duo che fa base a Seattle, composto da Anne Tong e Bryce Barsten, coppia nell’arte e anche nella vita. Anne e Bryce sostengono che queste nuove canzoni vogliono soltanto “essere divertenti, vivaci, un po’ ruvide e non parlare di niente in particolare”. In realtà, in WAH!!! mescolano con molta grazia e spontaneità elementi di pop orientale e attitudine indie rock occidentale, innestando groove rotolanti e citazioni impreviste, cantando senza soluzione di continuità sia in inglese che in mandarino, e finendo per creare un’atmosfera giocosa e colorata, senza mai risultare noioso o ripetitivo.
Tra un colpo al cerchio del funk e uno alla botte del pop psichedelico, qualcuno ha suggerito che i Chinese American Bear suonano come se i Beach Boys e i Flaming Lips si mettessero a fare musica per bambini assieme. A me hanno riportato alla mente anche certe band eccentriche di casa Grand Royal, tipo le Buffalo Daughter o i Butter 08.

Oppure, per venire ai giorni nostri, si potrebbe dire che questo disco piacerà anche ai fan orfani degli esuberanti Superorganism. Insomma, preparatevi a sorridere, lasciatevi meravigliare ed esclamate anche voi “WAH!!!”.

Massimo Bello – SEED

Nubiyan Twist – Through Lines

Formazione ricca di ben nove elementi, capitanati dal chitarrista e produttore Tom Excell e dalla cantante Aziza Jaye, oggi considerati parte della “New Wave of British Experimental Jazz”, vede musicisti/produttori esperti e compositori ispirati che si uniscono per creare un suono unico e contagioso che attinge dal jazz, hip-hop, afrobeat, dancehall, dub, soul, fino alla musica dance; suoni sapientemente legati tra loro, con elementi elettronici, melodie guidate dai fiati e improvvisazioni spontanee; l’album si apre però con “Battle Isn’t Over”, uno dei pezzi più riflessivi, una sorta di introduzione-dichiarazione di intenti, sul non arrendersi alle sconfitte e alle difficoltà.

Si tratta di un disco che si fa apprezzare mano a mano che lo si ascolta, potendo coglierne un po’ alla volta la profondità e la ricchezza musicale, comprendendo l’apporto dei vari collaboratori che vi hanno preso parte.